Il futuro prossimo venturo che (forse) verrà



Onestamente non ho mai creduto davvero nelle previsioni degli analisti sul futuro più o meno prossimo venturo. Il fatto è che, da una parte, ci sono alcune previsioni talmente scontate da essere del tutto inutili, come quella che nei prossimi anni vedremo, a parità di prezzo, aumentare significativamente le dimensioni della memoria nelle apparecchiature informatiche ed elettroniche in genere, oppure quella per la quale i sistemi di videocomunicazione fissi e mobili diventeranno sempre più comuni e alla portata di tutti; dall’altra, la nostra economia è talmente interconnessa ormai a livello globale che, come nella ormai datata metafora della farfalla e dell’uragano utilizzata in climatologia, un qualsiasi evento in qualche remota regione del pianeta può facilmente causare un tale effetto valanga anche nelle più solide e ricche economie del globo da vanificare qualsivoglia previsione, seppure fatta sulla base di analisi accurate da parte di esperti riconosciuti del settore.

Non farò quindi previsioni né farò affermazioni su come sarà il 2011 o qualsiasi anno a venire. Quello di cui invece voglio parlarvi è di come potrebbe essere, o meglio, di come la tecnologia che già abbiamo, potrebbe già fin da adesso permetterci di costruire un domani molto più futuristico di quanto possiamo pensare. Il punto è che la vera innovazione è in effetti nel volere innovare. Non sono le idee a mancare e neppure la tecnologia per realizzarle: spesso le prime ci sono da anni e la seconda la utilizziamo già, ma senza la volontà di realizzare qualcosa di nuovo o di usare in modo innovativo ciò che abbiamo oggi, “innovazione” è solo un una bella parola, nulla di più.

Se proprio vogliamo fare una previsione, e per non smentirmi la catalogo fra quelle “facili”, mi sento abbastanza tranquillo nell’affermare che come la capacità di elaborazione si è estesa rapidamente in questi ultimi anni da quell’oggetto per addetti ai lavori chiamato computer a qualsivoglia apparecchiatura elettronica, sia essa un televisore, un’automobile o una lavastoviglie, nei prossimi anni vedremo la stessa pervasività coinvolgere la rete, ovvero Internet. Non sto dicendo che navigheremo in rete guidando l’automobile, cosa peraltro un tantino pericolosa, quanto che metteremo in rete e in modo continuo qualsiasi oggetto che abbia un minimo di "intelligenza", inclusa l’automobile o la lavastoviglie di cui sopra.

Tale connessione servirà a condividere dati secondo logiche specifiche, in modo da poter usufruire di servizi sempre più avanzati che ci possano guidare a prendere sempre le decisioni migliori, secondo un principio ormai consolidato in quella disciplina chiamata “gestione della conoscenza” che ci dice che quello che è veramente importante è far sì che la persona giusta possa avere la conoscenza giusta al momento giusto per prendere la decisione migliore possibile.

In pratica si tratterà di scambiare grandi flussi formati da piccoli pacchetti di dati che aggiornino in continuazione ogni oggetto in modo automatico, ovvero senza bisogno di intervento umano. Ecco allora che il navigatore della macchina sarà immediatamente informato di un incidente appena avvenuto qualche chilometro più avanti perché sarà qualcuna delle stesse macchine coinvolte nell’incidente a fornire automaticamente l’informazione in rete, mentre la vostra lavastoviglie deciderà se sospendere il programma nel momento in cui avrete acceso il forno per fare l’arrosto se si accorgerà che rischiate che salti la corrente, dato che sa che in questo caso il pranzo ha la priorità sul bucato.

Tutto questo non è fantascienza perché la tecnologia c’è già tutta e sono sempre di più le case che hanno una propria rete senza fili, anche se oggi la usiamo prevalentemente per navigare in rete con il portatile o con il cellulare; nulla impedisce tuttavia di collegarvi anche il televisore, la lavastoviglie, il forno e il frigorifero. Anche gli standard di comunicazione che permetteranno a queste varie periferiche di comunicare fra loro esistono già; quello che manca è la logica, ovvero cosa vogliamo far fare a queste apparecchiature e perché. L’innovazione è tutta lì, nel capire che un menù in un ristorante dovrebbe già sapere se ho delle intolleranze alimentari serie e non mi proporrà mai quindi un cibo che contiene ingredienti che mi possano far male, mentre il portone di casa si dovrebbe accorgere che sto uscendo senza prendere l’ombrello quando le previsioni danno rovesci estesi per tutto il pomeriggio e, quindi, dovrebbe avvertirmi.

Sciocchezze, dite? Certo un po’ di pioggia non ha mai ucciso nessuno, ma uno shock anafilattico dovuto a un’intolleranza alimentare sì. Ci sono servizi e dati che possono fare la differenza fra la vita e la morte, altri che possono rappresentare una semplice comodità o farci risparmiare un po’ di tempo.

Quindi, tornando la futuro, non so dirvi come sarà, ma se dovessi esprimere un desiderio direi che mi piacerebbe vedere le tecnologie che già abbiamo usate un po’ meglio, magari per risparmiare energia, tempo e denaro, per salvaguardare l’ambiente e diffondere di più la cultura, per semplificarci la vita e permetterci di stare sempre più vicini alle persone che amiamo e agli amici. Insomma, una vita nella quale le macchine si prendono cura di noi per darci l’opportunità di rivalutare l’importanza delle relazioni umane — quelle fisiche, non quelle virtuali — che richiedono tempo e disponibilità, due risorse sempre più difficili da trovare.

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