Marte: una scommessa sul futuro



MarteSono oramai vari anni che si sta parlando della possibilità di mandare una spedizione su Marte e, come avvenne per quelle dirette sulla Luna, questa proposta sta già suscitando un mare di polemiche. Sembra infatti un inutile spreco di denaro mandare, non dico degli uomini, ma anche solo delle macchine, ad esplorare il cosiddetto Pianeta Rosso. In effetti gran parte dell’umanità ha pressanti problemi di risorse che costano la vita ogni anno a milioni di persone: acqua, cibo, medicinali, energia, solo per nominarne alcune. E allora perché spendere miliardi di euro in quello che può sembrare solo un atto di inutile arroganza?

Per capirlo sarà opportuno tornare sulla Terra e vedere qual’è la situazione attuale. Al momento di scrivere queste righe siamo poco più di 6 miliardi e 400 milioni di persone (World Projection). Di questo passo saremo circa 10 miliardi nel 2050. Se anche iniziassimo fin da adesso a sviluppare un sistema economico sostenibile, ovvero un sistema economico che non distrugge ciecamente risorse, quale è quello che purtroppo contraddistingue ancora la nostra economia, ma cerca di bilanciare le necessità degli esseri umani con la salvaguardia delle risorse ambientali del nostro pianeta, ben presto raggiungeremmo una popolazione oltre la quale la Terra non sarebbe più in grado di sostenerci. Non solo: se nel contempo cercassimo anche di distribuire meglio le risorse cercando di portare i Paesi del Terzo e del Quarto Mondo a un livello di qualità di vita più dignitosi, a costo al limite di ridurre il nostro, non faremmo altro che accelerare questo processo.

TerraUn’opportuna politica demografica e un attento controllo delle nascite potrebbe in qualche modo rallentare questa corsa verso l’inevitabile, ma riusciremmo a guadagnare solo qualche decennio, magari persino un secolo, non di più. D’altra parte un eccessivo controllo demografico rischierebbe di aumentare significativamente l’età media degli abitanti, come già sta succedendo in Cina, con il rischio di ritrovarci a dover bilanciare lo scompenso con una sorta di eutanasia obbligatoria, uno scenario da Bladerunner, solo che qui le vittime non sarebbero più i replicanti, ma coloro che avessero superato una certa età.

Così, volenti o nolenti, prima o poi l’umanità finirà per raggiungere quella soglia di 20 miliardi di individui che è stata calcolata come il limite massimo di sopportazione del nostro pianeta. Un limite forse ancora superabile attraverso la colonizzazione degli oceani, ma comunque inevitabile. 2100? 2200? Forse 2300, difficilmente più in là.

E allora, che cosa faremo? La risposta è inevitabile. Dovremo spostarci su altri pianeti. Può sembrare fantascienza, ma se andiamo a rivedere la nostra storia, dalle prime migrazioni che portarono l’uomo dall’Africa attraverso l’Asia fino allo stretto di Bering e da lì nelle Americhe, forse anche prima dei canonici 13.000 anni che si riteneva caratterizzassero la colonizzazione del Nuovo Mondo in epoca preistorica, l’uomo ha sempre espanso il suo raggio d’azione alla ricerca di nuove terre in cui abitare. Certo, lo ha fatto sulla Terra, ma questo solo perché i mezzi che finora abbiamo avuto a disposizione non ci hanno permesso di fare altro. Ora però lo sviluppo della tecnologia astronautica e soprattutto gli studi sui motori a propulsione ionica ci aprono la strada verso gli altri pianeti del sistema solare, primo fra tutti Marte. Pochi, infatti, sono i pianeti papabili per un’eventuale colonizzazione. A parte Marte, infatti, solo alcune lune di Giove sembrano promettenti, anche perché, seppur lontane dal Sole, possono usufruire di una fonte di energia notevole proprio nel più grande pianeta gassoso del Sistema Solare.

Carlo RubbiaRaggiungere un pianeta con una sonda, tuttavia, al limite anche con esploratori umani, è una cosa, colonizzarlo un’altra. Tanto per cominciare è necessario poter usufruire di una stazione di appoggio in grado di rifornire sia di viveri che di carburante grandi astronavi pensate per trasportare i coloni. La scelta è obbligatoria: la Luna. È per questo che si sta tornando ad analizzare il nostro satellite alla ricerca di grossi giacimenti di ghiaccio sotterraneo. Il ghiaccio permetterebbe di produrre sia acqua per bere e per eventuali culture idroponiche, sia l’idrogeno e l’ossigeno necessari alla produzione di carburante per le astronavi. In secondo luogo è importante costruire grandi navi che siano al contempo leggere e robuste, non necessariamente aerodinamiche, dato che serviranno solo per il trasporto dei coloni fino nell’orbita del Pianeta Rosso. L’atterraggio poi avverrà con navette riusabili o forse addirittura con una sorta di ascensore a cavo, come quelli che si stanno già studiando in molti laboratori. Astronavi di questo tipo potranno essere costruite solo in orbita e l’esperienza fatta con la M.I.R. e quella che si stanno facendo gli astronauti di tutto il mondo nella stazione spaziale internazionale servirà moltissimo. Resta da risolvere il problema del lungo viaggio fino a Marte che potrebbe durare più di 9 mesi. E qui ci potrebbe aiutare il motore a frammenti di fissione ideato da Carlo Rubbia, che potrebbe ridurre il viaggio a un solo mese (L’idea di Carlo Rubbia).

È abbastanza evidente a questo punto che uno o due secoli sono un tempo minimo se si pensa all’impegno e alle tecnologie che serviranno per portare milioni di persone, forse miliardi, sul Pianeta Rosso. Si tratta di un’impresa colossale. Oggi potrà sembrare fantascientifica, ma fino a un secolo fa era fantascienza andare sulla Luna o scendere nelle profondità degli abissi. È giusto pensare ai problemi di oggi, ma dobbiamo nel contempo imparare a guardare anche oltre, verso le soluzioni del domani, perché se non impareremo a viaggiare nello spazio e se non riusciremo a colonizzare altri mondi, allora molto probabilmente ci aspetterà una triste estinzione, come già avvenne per i grandi sauri. Gli attriti sociali, le carestie, le guerre che si scateneranno quando la popolazione umana raggiungerà la massa critica faranno sembrare i gravi problemi di oggi semplici incidenti di percorso.

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