L’Italia che verrà…. forse



Si parla molto di riscaldamento globale del pianeta e si discute se esista ed eventualmente quanto sia consistente l’eventuale contributo antropico, ovvero dell’uomo, nell’aumento di temperatura che ha caratterizzato gli ultimi decenni. La questione è abbastanza complessa e, sebbene l’aumento di temperatura sia un dato di fatto, è tuttora difficile poter dire con sicurezza non solo quanto questo sia dovuto all’umanità ma persino di quale entità potrebbe essere nei prossimi decenni, ovvero fare previsioni a lungo termine.

Sappiamo che nel passato ci sono stati aumenti e diminuzioni di temperatura notevoli con conseguente aumento e diminuzione del livello eustatico del mare. Un sito molto interessante a riguardo, che riporta in modo grafico i dati raccolti da scienziati di ogni parte del mondo, è il wiki Global Warming Art. Negli ultimi 22.000 anni la variazione del livello del mare è arrivata a ben 120 metri, in grado quindi di alterare significativamente la morfologia delle coste dei vari continenti; negli ultimi 8.000 anni è stata di 14 metri e negli ultimi due secoli di 20 centimetri.

Studiando con attenzione i dati relativi alla temperatura dell’Antartico nell’ultimo mezzo milione di anni si può vedere come il nostro pianeta sia passato più volte attraverso cicli che lo hanno portato a raggiungere temperature anche più elevate di quelle che attualmente riscontriamo, così come decisamente più basse ovviamente (periodi glaciali). In questo momento ci troviamo in un periodo interglaciale e l’attuale temperatura è comunque più bassa di quella che si è avuta in periodi interglaciali precedenti. Ad esempio, utilizzando i dati del Vostok Ice Core, un gruppo di ricercatori russi, francesi e americani, si ottiene il seguente grafico:



Dati storici relativi alla temperatura isotopica dell’Antartide (Vostok Ice Core)

Questo dà l’idea di quanto sia difficile capire se quello che stiamo vivendo è un normale ciclo naturale o se è stato alterato dalla presenza dell’uomo sulla Terra. Assumere a priori una posizione o l’altra ha quindi poco senso. Possiamo solo continuare ad analizzare i dati cercando nel frattempo di costruire comunque una società ed un’economia sostenibile, anche perché l’umanità ha comunque alterato in modo significativo se non il clima globale almeno il microclima e soprattutto perché, al di là del discorso climatico, sprecare risorse è comunque stupido a priori anche dovessero essercene ancora in abbondanza per un altro paio di migliaia di anni.

Fermo restando quindi che non è facile fare delle previsioni, mi sono chiesto come cambierebbe il disegno delle coste italiane se il livello eustatico del mare salisse di un certo numero di metri, diciamo da 4 a 16. Così ho utilizzato i dati della Shuttle Radar Topography Mission (SRTM) per ricostruire, grazie a un programma chiamato Global Mapper, una mappa altimetrica dell’Italia. Quindi ho aumentato il livello del mare a intervalli di 4 metri per ottenere la seguente sequenza di immagini (il bordo rosso rappresenta l’attuale sviluppo delle coste della penisola e delle isole italiane):



Le coste italiane oggi
(il mare è di colore nero)


Le coste italiane se il livello
del mare aumenta di 4 metri


Le coste italiane se il livello
del mare aumenta di 8 metri


Le coste italiane se il livello
del mare aumenta di 16 metri

Come si può facilmente vedere, già con soli 4 metri di aumento una parte significativa della regione orientale della Pianura Padana scomparirebbe sotto le acque. Tuttavia anche altre zone costiere, al momento densamente popolate, subirebbero cambiamenti di una certa rilevanza, soprattutto dalla parte del Tirreno (Toscana, Lazio e Campania).

Cosa si può dedurre da tutto ciò? Fondamentalmente niente. Si è trattato solo di un esercizio astratto, per il gusto di farlo. Niente panico, quindi. Non è ancora arrivato il momento di trasferirsi sulle Alpi o sugli Appennini. È interessante comunque vedere come pochi metri di acqua in più possano ridurre significativamente la superficie del nostro Paese. Non saremmo tuttavia né gli unici né i più sfortunati, ovviamente. Una buona parte del Nord Europa, a partire dai Paesi Bassi così come buona parte della costa settentrionale della Francia, scomparirebbe sotto le acque, e così ampie regioni della Florida e della Louisiana, quasi tutto il Bangladesh e gran parte delle regioni costiere della Cina nordorientale. Già oggi molti villaggi preistorici si trovano ormai sotto il livello del mare, ma il vero problema è che ormai la percentuale di esseri umani che vive lungo le coste è talmente grande che una seria riduzione delle terre emerse avrebbe un impatto disastroso sull’economia globale. Ormai l’umanità è talmente estesa e distribuita sul pianeta che eventi catastrofici che in passato avrebbero fatto un numero insignificante di morti, oggi avrebbero conseguenze disastrose. Il nostro è un pianeta vivente, dinamico, in continuo cambiamento: terremoti, eruzioni, uragani, incendi… tutti eventi che ci sono sempre stati, anche di dimensioni maggiori di quelli che oggi consideriamo assolutamente anomali. Ma non lo sono: è solo che è più facile che colpiscano milioni di persone; per questo ci sembrano tali.

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