Cervelli in fuga



Se qualcuno pensa che la fuga dei cervelli italiani dal nostro Paese sia solo dovuta a questioni di natura economica si sbaglia di grosso. Sicuramente i nostri ricercatori sono fra i peggio pagati nei vari Paesi industrializzati e anche in qualcuno che poi così industrializzato non è, sicuramente il nostro Paese è ben lontano dal dedicare alla ricerca quel 3% del PIL che dovrebbe essere considerato il minimo per una nazione con aspirazioni ad essere innovativa e tecnologicamente avanzata, ma il principale motivo che porta i nostri scenziati a cercare all’estero gloria e fortuna, ancor prima che ricchezza, è di natura culturale.


L’iniziativa dell’ADI «Cervelli in fuga»

Nel nostro Paese, infatti, la ricerca scientifica è considerata assolutamente secondaria, avendo da una parte il primato una presunta e spesso politicizzata pseudocultura umanistica, dall’altra una mentalità superstiziosa e credulona che si alimenta di astrologia, parapsicologia e altre psedoscienze, per poi farsi abbindolare da sedicenti maghi e ciarlatani mediatici di ogni tipo.

A tutto questo si deve aggiungere il sistema feudatario che spesso regola molte nostre Università e istituti scientifici, dove purtroppo burocrazia e politica la fanno da padrone. Un esempio di come molte regole non tengano conto dell’effettivo valore del singolo è la vicenda avvenuta presso il Politecnico di Torino, dove due candidati hanno ottenuto a pari merito il massimo punteggio per i propri titoli, nonostante il primo fosse ultimo autore di due sole pubblicazioni su riviste internazionali e di alcune presentazioni a congressi mentre il secondo fosse primo autore di ben ventuno pubblicazioni su riviste internazionali e coautore di altre 10 e di oltre 50 presentazioni a congressi. Questa parità nei titoli è stata resa possibile da una normativa che prevede che ogni candidato presenti un numero massimo di dieci pubblicazioni da far valere ai fini del concorso e dal fatto che il termine «pubblicazioni» non fosse stato chiaramente definito. Le presentazioni ai congressi sono infatti prive di peer review, condizione considerata essenziale nella maggior parte dei Paesi affinché una pubblicazione sia considerata tale. Piccole differenze nelle valutazioni successive hanno fatto vincere il concorso al primo candidato. A questo punto il secondo candidato ha accettato una chiamata per chiara fama a un posto di professore associato in una università americana. Oltre al danno in termini di immagine, c’è da rilevare il fatto che il secondo candidato era anche l’elemento di punta di un’importante ricerca scientifica che ora si sposterà negli Stati Uniti assieme a quei fondi che erano già stati stanziati e che saranno così persi dal Politecnico.

Anche questo genere di situazioni, tuttavia, potrebbe giustificare solo qualche caso isolato, eccezionale, non il problema nella sua piena drammaticità. Il vero problema è che nel nostro Paese la Scienza è sempre sotto tiro da parte di diverse forze politiche e sociali che per motivi e interessi differenti e dimostrando una profonda ignoranza del metodo scientifico e degli obiettivi che questo si prefigge, cercano in tutti i modi di porre quanti più vincoli e pastoie possibili alla ricerca scientifica. Basti pensare alle ricerche sull’energia nucleare o a quelle sugli OGM, dalle quali l’Italia è oramai tagliata fuori rispetto anche a molte nazioni cosiddette emergenti.

In tutto ciò la stampa non specializzata ha una pesante responsabilità. Oltre a fare da cassa di risonanza a facili sensazionalismi e ad accuse senza fondamento, i nostri media dimostrano spesso una buona dose di superficialità nel trattare argomenti e notizie di carattere scientifico, quelle poche volte che se ne occupano. Per il resto, è solo silenzio: il contributo che i nostri scienziati danno allo sviluppo scientifico e tecnologico dell’umanità viene il più delle volte completamente ignorato.

Facciamo un paio di esempi. Ignazio Ciufolini, dell’Università di Lecce, ha pubblicato assieme a un collega americano, sulla prestigiosa pubblicazione statunitense «Nature», la miglior verifica sperimentale ottenuta finora di un effetto previsto dalla relatività generale. Questo eccezionale risultato non è solo dovuto al ricercatore italiano, ma è da accreditare a tutta la ricerca italiana, dato che il satellite grazie al quale Ciufolini è riuscito ad effettuare la verifica in oggetto è il LAGEOS II, un satellite sviluppato dall’Agenzia Spaziale Italiana, portato in quota da uno shuttle americano e messo in orbita grazie a un altro prodotto dell’industria aerospaziale italiana, il motore IRIS. Il risultato è stato annunciato dalla NASA nel seguente modo:

LAGEOS II
LAGEOS II
[Per gentile concessione della NASA]

An international team of NASA and university researchers has dramatically improved the accuracy of the first direct evidence that the Earth drags space and time around itself as it rotates. The measurements used the latest gravity models obtained from NASA’s GRACE mission.

Ciufolini è nominato solo più avanti e il ruolo della ricerca italiana è quasi del tutto ignorato. Ma il problema è che la stampa italiana, a parte riviste specializzate come «Le Scienze», ha sostanzialmente ignorato la notizia. Fra le poche eccezioni il «Corriere della Sera» e il «Sole 24 Ore», che comunque si sono limitati a riportare la notizia, senza spiegare né l’esperimento né perché fosse così importante. In pratica viene a mancare del tutto quel ruolo di educatore, di catalizzatore per una crescita culturale del Paese nell’ambito scientifico, che dovrebbe caratterizzare un’informazione evoluta che non sia non basata esclusivamente sulla cronaca, sulla politica e sullo scoop del giorno.

Un altro risultato di rilievo della ricerca italiana è il Large Binocular Telescope (LBT) montato in cima al monte Graham, in Arizona, che permetterà di ottenere immagini dieci volte più definite di quelle fornite dal telescopio spaziale Hubble. Anche questo straordinario strumento ha visto l’industria italiana protagonista assoluta, senza contare che fra i padri dell’LBT, ideato nella prima metà degli anni Ottanta, quando il sottoscritto frequentava il Dipartimento di Fisica di Arcetri, ci sono stati il Direttore dell’Osservatorio, il grande Franco Pacini, Giancarlo Setti, Piero Salinari e Luciano Miglietta. Anche in questo caso la notizia è stata data da vari quotidiani, ma la cosa si è esaurita in un trafiletto nella rubrica scientifica.

Large Binocular Telescope

Se vogliamo che i nostri ricercatori rimangano in Italia, allora dobbiamo prima di tutto far sì che si sentano apprezzati per il loro lavoro, dobbiamo far sì che tutti comprendano quantomeno le basi del metodo scientifico — esattamente come si presuppone che tutti conoscano le fondamenta della repubblica in cui vivono — dobbiamo dare maggior risalto ai risultati ottenuti dalla nostra ricerca, non relegandoli nelle pagine interne dei quotidiani o in qualche rivista specializzata. Possibile che l’ultimo amore della valletta di turno debba avere più risonanza di un’importante scoperta scientifica fatta da un italiano? Possibile che ogni qual volta un politico o un magistrato apre bocca si debba scatenare una sequenza, accuratamente riportata, di opinioni e contropinioni, mentre nuove teorie scientifiche e risultati scientifici importanti vengono considerati solo quando qualcuno li vuole strumentalizzare per sostenere una qualche discutibile strategia politica?

Chi oggi propone di pagare di più i nostri ricercatori senza peraltro investire di più nella ricerca, soprattutto quella pura, non comprende evidentemente la necessità di cambiare l’atteggiamento della cultura italiana verso il mondo della ricerca scientifica, e quindi sta solo parlando al vento e perdendo tempo. I cervelli continueranno a fuggire, il che ci porta a un’inevitabile conseguenza:

finiremo per rimanere un Paese in cui a decidere del nostro futuro saranno persone che di cervello ne avranno ben poco, con quel poco essenzialmente dedicato al loro interesse, non al nostro.

Comments (1) to «Cervelli in fuga»

  1. aatt2005 says:

    A tutti i "ricercatori puri" dedico i versi  pubblicati nel mio blog sperimentale "Fisica. Poesia. Arte e Humour",
    http://artefisica2005.splinder.com/  seguito da breve commento da me effettuato il 6 gennaio (per una coincidenza lo stesso giorno del vs. articolo, le cui considerazioni peraltro condivido in pieno). Auguri per il 2005, anno mondiale della fisica: speriamo che questo aiuti a far cambiare direzione a questo ventaccio che tira impetuoso… Cordiali saluti, Attilio

Trackbacks and pingbacks (2) to «Cervelli in fuga»

  1. […] migrare all’estero. Non era per i soldi o per la fama, come ebbi modo di spiegare in un altro articolo, ma semplicemente perché per acquisire competenza sono necessari tanti sacrifici e a nessuno piace […]

  2. […] da noi le opportunità scarseggiano, soprattutto in campo scientifico, ovvero la cosiddetta «Fuga dei Cervelli». Adesso probabilmente a fuggire dovranno essere anche molti malati che solo recandosi […]

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