Revised and corrected Ministries



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Questo l’elenco dei ministeri e dei ministri del Governo presieduto da Enrico Letta:

  • Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: Filippo Patroni Griffi
  • Interni e Vice Presidente: Angelino Alfano
  • Difesa: Mario Mauro
  • Esteri: Emma Bonino
  • Giustizia: Anna Maria Cancellieri
  • Economia: Fabrizio Saccomanni
  • Riforme Istituzionali: Gaetano Quagliariello
  • Sviluppo: Flavio Zanonato
  • Trasporti e Infrastrutture: Maurizio Lupi
  • Poliche Agricole: Nunzia Di Girolamo
  • Istruzione, Università e Ricerca: Maria Chiara Carrozza
  • Salute: Beatrice Lorenzin
  • Lavoro e Politiche Sociali: Enrico Giovannini
  • Ambiente: Andrea Orlando
  • Beni culturali e Turismo: Massimo Bray
  • Coesione Territoriale: Carlo Trigilia
  • Affari Europei: Enzo Moavero Milanesi
  • Affari Regionali: Graziano Delrio
  • Pari Opportunità, Sport, Politiche Giovanili: Josefa Idem
  • Rapporti con il Parlamento: Dario Franceschini
  • Integrazione: Cecile Kyenge
  • Pubblica Amministrazione: Giampiero D’Alia

A mio avviso questa lista è rappresentativa di una cultura vecchia e sorpassata, che ignora del tutto i cambiamenti del Paese. In particolare vorrei segnalare due punti.

Il primo riguarda l’accorpamento dell’istruzione con la ricerca. L’istruzione è una cosa e riguarda sia le discipline scientifiche che quelle umanistiche, linguistiche, artistiche, fisiche e via dicendo. La ricerca di base, quella applicata e lo sviluppo delle nuove tecnologie è tutt’altra cosa. Meriterebbero ognuno di questi temi un ministero apposito. Nei Paesi moderni l’attenzione alla ricerca e alla tecnologia è sempre maggiore, mentre da noi viene sempre tenuta in secondo piano salvo quando qualche nostro ricercatore, per lo più trasferitosi all’estero, trova qualcosa d’importante.

Il secondo riguarda i ministeri assegnati alla Idem e a Kyenge. Anche qui si fa un miscuglio che riflette la confusione mentale che esiste nel nostro Paese su questi temi. Partiamo dalle Pari Opportunità. Vengono quasi sempre assegnate a una donna partendo dal presupposto che l’unico problema di discriminazione nel nostro Paese sia quello verso il genere femminile. In realtà — e non so se c’è da esserne orgogliosi — il nostro Paese di discriminazioni ne vede parecchie. Alcune, anzi, colpendo minoranze, sono ancora più urgenti di quelle nei confronti delle donne: di questa almeno se ne parla e si fa qualcosa, ma altre sono del tutto ignorate.

Ad esempio la disabilità nel nostro Paese è tuttora un problema serio. I disabili sono fortemente discriminati e penalizzati, sia quelli che hanno disabilità fisiche sia soprattutto quelli che hanno disabilità mentali. Basta pensare alle persone che soffrono di autismo. Ci sono poi i padri separati e in generale i genitori non affidatari. La violenza nei confronti del genere maschile da noi è un tabù: chi cerca di parlarne viene ostracizzato, quasi che l’esistenza della violenza nei confronti degli uomini volesse rappresentare una diminuzione di quella contro le donne, invece che un segnale di quanto sia diffusa in generale la violenza anche nel nostro Paese.

Non parliamo poi di omosessuali, bisessuali e transessuali. Da noi è quasi un crimine esserlo, all’atto pratico. Queste persone rappresentano una percentuale significativa dei cittadini italiani eppure sono spesso trattati come dei paria, dei cittadini di serie B. E qui arriviamo all’integrazione. L’integrazione e l’inclusione sono un fattore necessario anche se non sufficiente per le pari opportunità quando il soggetto è uno straniero o comunque una persona che viene da un’altra cultura. Ebbene, da noi anche i cittadini italiani che parlano, pensano e ragionano da italiani sono degli stranieri se lo sono i loro genitori. Ecco allora che Pari Opportunità e Integrazione dovrebbero essere un solo ministero e dovrebbero occuparsi di tutte le forme di discriminazione, non solo quelle nei confronti delle donne.

Le attività sportive e le politiche giovanili dovrebbero invece essere a parte. A mio avviso le politiche giovanili dovrebbero essere integrate con l’istruzione, perché educare non è solo sinonimo di scuola, ma anche di arte, sport, musica, e molto altro. Invece le attività sportive dovrebbero avere un ministero a sé e non riguardare solo i giovani ma tutti, inclusi gli anziani. Oggi a 50 anni sei un “ragazzo” e puoi fare sport anche a livello agonistico in certe discipline, come ad esempio il tiro con l’arco. Inoltre lo sport fa parte, così come la nutrizione, di una cultura della salute, la quale non si può quindi esaurire nell’ambito farmaceutico e medicale.

Ci sono poi i beni culturali e il turismo: perché scorporarli dall’ambiente? Sono tre elementi strettamente legati e dovrebbero essere gestiti dallo stesso ministero. Inoltre bisognerebbe dare maggiore risalto allo spettacolo e all’arte in genere, ovvero non solo focalizzarsi sui beni culturali ma sulla cultura nella sua accezione più ampia. Analogamente, trasporti e sviluppo dovrebbero andare insieme e si dovrebbe evidenziare l’importanza soprattutto dello sviluppo delle tecnologie atte a fornire fonti alternative sul piano energetico oltre che una migliore distribuzione e utilizzo dell’energia.

Ricapitolando, a mio avviso dovremmo avere i seguenti ministeri, in ordine strettamente alfabetico:

  • Cultura, Ambiente e Turismo
  • Istruzione, Università e Politiche Giovanili
  • Pari Opportunità, Integrazione e Inclusione
  • Ricerca Scientifica e Sviluppo Tecnologico
  • Salute, Nutrizione e Attività Fisiche
  • Sviluppo, Trasporti ed Energia

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