Questione di fede



La Camera ha votato la fiducia al governo sul provvedimento relativo al disegno di legge in materia di intercettazioni con 325 sì e 246 no. Questa la notizia. Ovviamente il risultato del voto ha scatenato la solita proliferazione di polemiche, dentro e soprattutto fuori dalla rete. Da una parte si parla di maggiori garanzie per i cittadini, dall’altra di morte della Giustizia. Perché scrivo queste cose, che peraltro basta aprire un qualunque giornale in rete, blog o forum politico per sapere? Ebbene, NON è per parlare del provvedimento in sé. Quello, non ha la minima importanza, almeno non per quello che voglio dirvi. Di teatrini come questo ne abbiamo già visti tanti e tanti ancora ne vedremo. Voglio piuttosto parlarvi di religioni e di fede.

Cosa c’entra la fede con il disegno di legge in materia di intercettazioni? C’entra, eccome se c’entra, perché l’opinione pubblica che come al solito si divide su questa come su qualsiasi altra questione in questo piccolo Paese chiamato Italia, è fondamentalmente basata sulla fede. Se infatti andate a leggere la notizia sul «Corriere della Sera», su «La Stampa», su «La Repubblica», su «Il Messaggero», su «Il Giornale» e su «L’Unità», tanto per nominare alcuni giornali in rete, vi accorgerete che vi dicono tutto MENO l’unica cosa che veramente conta, ovvero cosa ci sia scritto ESATTAMENTE nel disegno di legge in questione. Non che negli articoli non si parli dei contenuti del disegno di legge, ma indirettamente, ovvero attraverso la bocca dei sostenitori così come dei detrattori, a seconda dei casi. E lo stesso vale anche per i telegiornali. Fra i più equilibrati quello di Sky, che tuttavia si limita anch’esso a dare voce alle due parti, senza fornire una scheda chiara ed esaustiva dei contenuti della proposta. E se si parla di contenuti nei dibattiti televisivi, lo si fa sempre e comunque tramite coloro che sono coinvolti direttamente a livello politico, ognuno con la propria verità, ovviamente. O ci credi, oppure no.

La conseguenza la vediamo in rete: ognuno prende una posizioni a priori a seconda dell’orientamento politico. Chi è del centrosinistra o comunque dell’opposizione grida allo scandalo, chi è del centrodestra ribatte che è un atto dovuto; entrambe le parti ripetono a pappagallo quello che hanno letto e che hanno detto i loro beniamini assumendo che abbiano assolutamente ragione. E naturalmente non ha importanza chi l’abbia davvero, ammesso che sia tutta da una o dall’altra parte: l’errore è lo stesso. Vorrà dire che la prossima volta si scambieranno le parti in termini di ragioni o torti, continuando tuttavia a sbagliare.

E questo perché quasi nessuno si va studiare davvero il disegno di legge, perché come tutte le leggi è oggettivamente complicato, e come in tutte le leggi i problemi si nascondono tra le parole e nelle virgole. Non è infatti facile comprendere tutte le implicazioni di determinate affermazioni, anche perché spesso sono scritte proprio perché possano essere interpretabili e spesso fanno riferimenti ad altri articoli e leggi in un intersecarsi labirintico del quale non è facile trovare il bandolo della matassa. Se così non fosse esisterebbe solo il Diritto, non la Giurisprudenza. Fatto sta che a parte pochi eletti che hanno studiato tali materie, la maggior parte di noi, e mi includo tranquillamente, non ci capisce proprio niente di Legge e quindi non è in grado di valutare se le varie affermazioni fatte da politici e magistrati siano o meno vere. L’esperienza insegna che probabilmente lo sono entrambe, ma ognuna solo quella parte di verità che fa comodo per sostenere la propria tesi. D’altra parte in una qualsiasi legge, anche non complessa, si possono sempre estrapolare parti atte a dimostrare tutto e il suo contrario. È un esercizio che insegnano a scuola, per chi studia Legge. Un po’ di retorica, un pizzico di pelo sullo stomaco, mettere il tutto in caldo fino al prossimo talk show, e il gioco è fatto.

Questo non vuol dire che la proposta in questione sia buona né d’altra parte che sia cattiva, ma solo che non abbiamo i mezzi per capirlo direttamente dalla legge stessa e che quindi dobbiamo fare appunto un atto di fede, ovviamente nei confronti della parte alla quale ci sentiamo più vicini. Odiate Berlusconi? Lo considerate un delinquente che pensa solo ai suoi interessi? Allora ovviamente questa legge è un obbrobrio ed è fatta al solo e unico scopo di proteggere tali interessi. Adorate Berlusconi? Lo considerate il salvatore della Patria? Beh, allora questa legge non può che essere un altro esempio di come il nostro Presidente del Consiglio protegge i diritti dei suoi cari cittadini (ed elettori).

Qual è allora il problema, fermo restando che come avete iniziato a leggere questo articolo vi sarete già posti la fatidica domanda «Ma questo di che parte è? E qual è la sua opinione su questa proposta?» Il problema è che da noi non esiste un’informazione indipendente — e questo lo sapevamo — ma soprattutto sembra non esista neppure un’informazione competente, e questo, visto che di giornalisti in gamba ce ne sono tanti, lascia un po’ più perplessi. In pratica, la domanda che mi pongo è: «Possibile che non ci sia un solo giornalista nel nostro Paese sufficientemente esperto in materia, capace di leggere la proposta di legge e sintetizzarla, senza esprimere opinioni, ma solo chiarendo con parole semplici il significato dei vari comma che essa contiene, lasciando poi a noi di costruirci un’opinione indipendente? E se c’è, perché non lo fa? Non ne ha voglia? È demotivato? Tanto è lo stesso e non cambia nulla? O peggio… Non glielo lasciano fare? L’editore o la redazione lo bloccherebbero?»

Queste sono le vere domande che dobbiamo farci, perché cosa contenga questa legge è una questione di attualità, ma perché nessuno super partes ce la spieghi chiaramente è un problema sistemico e fisiologico del nostro Paese, che continuerà a ripetersi ad libitum se non chiariamo una volte per tutte questo punto. Perché la politica non può e non deve essere una religione e non è sulla fede che deve basarsi l’opinione pubblica ma su un’informazione corretta e puntuale e sulla consapevolezza di quali principi debbano guidare una democrazia moderna. Il resto serve solo per riempire le pagine dei forum, tanto sappiamo già tutti come va a finire dopo il sesto commento: in rissa.

Comments (4) to «Questione di fede»

  1. Un esempio della complessità nel capire una legge o un emendamento a una legge è la seguente affermazione, tratta proprio dal disegno di legge in oggetto:

    Sostituire l’articolo 1 con il seguente:

    Art. 1.

    1. All’articolo 36, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente: «h-bis) se ha pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli».

    Cosa significa? Quali implicazioni ha? Perdendoci sufficientemente tempo probabilmente potremmo arrivarci da soli, ma non è affatto banale, fosse solo perché bisogna ricomporre i pezzi, ovvero ricostruire la nuova legge applicando alla vecchia le modifiche proposte e rileggendo il tutto come un unico testo.

  2. blueworld says:

    L’ottimo articolo mi vede coinvolto sia come cultore della materia giuridica che come addetto ai lavori nel mondo dell’informazione.

    Partiamo dalla questione relativa alla complessità (che non credo sia maggiore rispetto alle altre scienze umane). Nello specifico questa complessità assume il nome di ermeneutica ovvero l’interpretazione, la traduzione del concetto stesso. Fin da una prima riflessione si nota come sia chiamato in causa il linguaggio, la logica, elementi legati a valutazioni e quindi alla sfera della soggettività.

    (Ricordiamo il valore “socratico” della domanda, la quale conteneva già in se la risposta…).

    Si pensi che gli articoli relativi alla responsabilità civile (tra cui il famoso 2043 del “neminem laedere”) hanno visto una giurisprudenza opposta tra il prima ed il dopo anni ’70 senza che cambiasse una virgola.

    Notiamo però che questa complessità ci avvicina un poco, ma favorevolmente, alla impostazione giuridica dei paesi di common law.

    La complessità di cui sopra invece è, direi, apparente, nel senso che in un gioco di rimandi necessari, il comprendere implica la conoscenza del testo: spesso bisogna “risalire” agli artt. precedenti, ma in questo caso mi si dice solo di aggiungere questa fattispecie h-bis all’art. 36.

    Ora vediamo la questione giornalistica: perchè non si esamina la notizia ma si dà vetrina al “mercato” dei venditori urlatori politici?

    Anche quì è una questione di tessuto culturale, di linguaggio (come si spiega nel post precedente sul “flat world”). Siamo fatti così. I giornalisti che hanno un nome spendibile pubblicano fior di libri… ma “sul lavoro” non viene richiesta loro un’analisi; sul giornale si limitano ai commenti che fanno da cornice alle posizioni politiche contrapposte (…sull’aspetto ideologico, mentre su quello della strumentalizzazione sono ben accomunate). L’analisi, quella vera, verrà poi venduta, in una visione d’insieme, nel libro a 20 euro a copia. E saremo, POI, (quasi) tutti “colti”.

    Per questo uno degli obbiettivi da perseguire per un cambiamento nell’informazione è proprio quello che i giornalisti si assumano la responsabilità di analisi intellettualmente oneste (perchè di obbiettività non credo sia possibile parlare) che non siano solo quelle accennate (e a loro uso e consumo) nei “sermoni” degli editorialisti.

    Ma, si sà, il cambiamento è sempre molto lento: salvo scosse…

  3. utente anonimo says:

    ma come cosa significa?

    significa che all’articolo 36 comma 1, (cioè quella parte di testo che va dalla prima parola al primo punto, quello è il comma 1, sarebbe come dire “periodo 1”), nel comma 1 ci sono tante lettere, vai alla lettera h) e tra la lettera h e la successiva lettera i devi inserire un testo nuovo che chiamano per comodità hbis, che consiste nel testo da te riportato.

    NOn vedo proprio cosa ci sia di difficile da capire, in questo caso, semmai si tratta di farci l’abitudine.

    Più complesso appare quando nel testo di legge ci sono tanti riferimenti ad articoli di legge che a loro volta rimandano, come in internet, ad altri articoli di altre leggi, e via cosi saltando da una legge all’altra.

    Per questo motivo ci sono le raccolte che contengono tutte le leggi collegate in certe materie, ma anche in rete, avendo il tempo e la pazienza si possono leggere.

    Questa che pare una stortura del senso comune è in realtà una semplificazione necessaria non potendo ogni volta ripetere per intero il testo di tutte le norme modificate nel tempo.

  4. Anonimo #3: fin lì penso ci si arrivi tutti, ma la domanda non si riferisce a cosa significhi l’inclusione di un termine in uno specifico comma, ma quali conseguenze abbia. Parliamo di semantica, non di sintassi…

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