Verità o fatti?



La verità non esiste. Esistono i fatti.


Probabilmente l’avete già sentita: è una delle affermazioni preferite da uno dei giornalisti italiani che più apprezzo e per il quale ho un grande rispetto, Pino Scaccia. È una bella frase. Non posso dire che racchiuda una grande verità perché rischierei l’ossimoro, ma è sicuramente interessante.

Nonostante questo mi ha sempre dato da pensare e ho difficoltà a riconoscermi in essa. Sarà che ho il brutto vizio di pormi sempre troppe domande alle quali spesso ho difficoltà a rispondere; anzi, in genere di risposte ne ho sempre troppo poche e ognuna finisce per generare altre domande. Un po’ masochistico, forse, ma è nella mia natura e credo che alla fine, se dovessero erigere una lapide sulla mia tomba, è probabile che vi troverete scritta l’ennesima domanda senza risposta: «E adesso?»

Comunque, tornando all’affermazione posta in testa a quest’articolo, non posso fare a meno di pormi qualche questione… In questo momento sono in una stanza d’albergo a Madrid e sto scrivendo. Mi è caduta a terra una penna che avevo accanto al portatile. La raccolgo. È un fatto? Ovviamente sì. Tuttavia nella stanza non c’è nessun altro. Per me è sicuramente un fatto, ma per gli altri? Per voi, a cui lo sto raccontando, cos’è? Ovvio, è una “verità”, o meglio, una delle “mie verità”, perché quello che per me è un fatto diventa una verità quando la racconto e sta a chi ascolta decidere se crederci o meno.

Supponiamo ora che nella stanza ci fosse qualcun altro. Sì, so cosa sta pensando adesso qualcuno dei miei amici — ne ho un paio decisamente maliziosi, purtroppo — ma ai fini di questo ragionamento non è necessario che sia una bella ragazza e detto questo vi prego di evitare altre battute. Diciamo che c’è la cameriera che sta pulendo la stanza. Vede che mi è caduta la penna, quindi anche per lei è un fatto e potrei citarla come testimone, ma anche così per voi sarebbe solo una “verità”, questa volta di due persone, ma sempre qualcosa di noto indirettamente.

È chiaro che si può andare avanti così all’infinito: un incidente stradale può essere un fatto per venti persone che hanno assistito, ma è solo un avvenimento riportato per tutti gli altri. Persino un evento accaduto di fronte a un milione di persone è un fatto solo per loro, per tutti gli altri si tratterà di decidere se crederci o meno. Sto esagerando? Pensate che se un fatto lo è per un milione di persone lo sia necessariamente per tutti? Pensate a quello che sta succedendo in Siria, o a qualcosa che sta succedendo in questo momento in Africa o in Cina. Pensate alle informazioni che ricevete, contrastanti, probabilmente strumentalizzate, modificate, inventate. Eppure quei “fatti” stanno coinvolgendo milioni di persone, quindi come è possibile che si discuta qui se siano veri o meno, se siano esattamente così come vengono raccontati o meno?

C’è chi mette in discussione l’Olocausto, e anche lì parliamo di decine di milioni di persone. Oh, certo, le vittime furono sei, sette milioni, ma c’erano i carnefici, i soldati, i cuochi, gli autisti dei camion e i conduttori dei treni, la popolazione civile che viveva vicino ai lager… Quella vicenda fu un fatto per molte più persone che per le sole vittime: per le famiglie, i parenti non deportati, i vicini di casa, perché non tutti erano davvero all’oscuro di quello che succedeva.

Per decenni altri eventi, come le Foibe, sono stati tenuti sotto silenzio e tutt’ora si raccontano storie contrastanti, spesso strumentalizzate o politicizzate, a seconda della parte che la racconta. Sono anch’essi fatti? E quali sono questi fatti? Pensate sia una questione di lana caprina? Stiamo parlando di avvenimenti successi poche generazioni fa — sono tuttora vivi molti che li hanno vissuti in prima persona — ma cosa succede quando passa il tempo, quando le faide, le lotte politiche, le varie parti scompaiono nell’oblio, quando più nessuno è interessato a raccontare questa o quella storia?

Ecco allora che i fatti diventano racconti e nessuno sa più dire quale sia la verità. Qual è la verità sulla conquista della Gallia da parte di Giulio Cesare? Credete sia solo noiosissima Storia da studiare a scuola, questa? Per noi magari, ma per quei popoli che hanno visto massacrare le famiglie, i bambini, per quei legionari che sono morti lontano da casa per la promessa di un lembo di terra dopo anni di servizio, per loro non era storia: erano fatti, crudi, duri, di quelli che ti lasciano la bocca secca e gli occhi bagnati.

Per noi Hitler, Mussolini e Stalin sono mostri, ma di Napoleone e Giulio Cesare tessiamo le lodi quali grandi strateghi. Non abbiamo memoria di quei fatti, di quello che romani e francesi facevano nei villaggi quando i loro eserciti li attraversavano, delle decisioni prese da questi “grandi uomini”, così ammirati, che hanno provocato milioni di morti. Quando i fatti diventano “verità” allora il giudizio cambia, diventa atto di fede, qualche volta persino motivo d’orgoglio. La Grande Roma, della quale noi italiani siamo orgogliosi, grande lo fu veramente, ma quale fu il prezzo? Era poi così diversa da un Terzo Reich? Certo in alcune cose lo era, ma pensiamo anche a periodi come quello sotto Caligola, tanto per fare un nome. D’altra parte Caligola non era certo un Ottaviano Augusto, che poi neppure lui era uno stinco di santo.

Fatti… Quanto dura un fatto? Sono fatti i comizi in piazza dei quali nessuno sa mai dirti il vero numero di partecipanti? Sono veri i processi che generano così tante carte che ci vorrebbe una vita solo per studiarle? Quali sono i fatti relativi alle varie stragi che abbiamo avuto in Italia, al cosiddetto “incidente” di Ustica, all’uccisione di Calipari, al naufragio della Costa Concordia?

Ma ci sono i filmati, i testimoni… quelli sono fatti, direte. Vero, sono fatti, ma né più né meno come è un fatto la penna che mi è caduta. Se persino nel caso di testimoni diretti dei fatti ognuno finisce per avere spesso solo una visione parziale di quello che è successo, pensate a quanto possa essere limitata una ripresa fatta con una telecamera, specialmente se chi riprende vuole dare dei fatti una specifica interpretazione. Basta riprendere un comizio all’inizio o verso la fine, magari da un determinato punto di vista, per dare l’impressione che la piazza sia vuota o quasi. Oppure riprendere la parte bassa delle gradinate di uno stadio, magari dove c’è la curva dei tifosi più fedeli, per far credere che uno stadio quasi vuoto sia pieno di gente. Alzando poi, o abbassando il volume dell’audio, si può accentuare l’effetto voluto. Persino quando non c’è mala fede una ripresa può dare una visione alterata dei fatti.

Sappiamo poi quanto sia facile far credere a qualcuno qualcosa in cui già crede. Le reti sociali come Facebook sono piene di bufale di questo genere. Non ti piace quel politico? Magari è già stato condannato? Lo accusi di qualcosa di simile, dici che lo ha rifatto, e dopo cinque minuti quel messaggio sarà condiviso da così tante persone che persino quelli del suo stesso partito ci crederanno. Insomma, se lo dicono così tanti… Giusto? La rete è un amplificatore: amplifica verità e bufale e se la bufala è corredata di una bella foto, scattata chissà quando e magari elaborata con un buon programam di fotoritocco, non solo saranno in molti a caderci, ma chiunque tentasse di sollevare dubbi verrebbe bollato come complice, reazionario o peggio ancora.

Il punto è che siamo abituati a fidarci degli amici e spesso estendiamo questa fiducia anche a chi abbiamo conosciuto in rete e che, magari in buona fede, finisce per diventare un cavallo di Troia per la disinformazione più gretta. Insomma, se l’ha detto lui, che è una brava persona, se lo dice lei, che è una cara amica, e così via. Se poi la notizia fa leva sui nostri sentimenti più profondi, coinvolge bambini, parla di storie strappalacrime e chiede di essere condivisa per aiutare questo o quello, cliccare è così semplice che nessuno si preoccupa di fare almeno una ricerca in rete, sempre che la storia non si sia propagata così tanto che neppure Google possa essere considerato affidabile a quel punto. Persino in Wikipedia succede che certe storie passino o siano censurate solo perché altrettanto hanno fatto i media tradizionali.

Ma Wikipedia è una fonte secondaria, direte voi, ovvero si basa su altre fonti, quindi deve essere attendibile. Vero, e in genere lo è, ma chi decide quanto sia attendibile una fonte? In Wikipedia i quotidiani nazionali sono considerati attendibili, in quanto c’è un direttore responsabile che garantisce la qualità delle notizie, mentre un blog no. Ma è davvero così? Abbiamo visto negli ultimi anni quanto siano attendibili certi giornali, soprattutto per quanto riguarda la politica, mentre ci sono blog di altissima qualità che tuttavia vengono spesso ignorati, a meno che a scrivere non sia qualcuno già famoso per altre ragioni.

Cos’è allora un fatto, se la maggior parte di ciò che avviene nel mondo lo viviamo in modo indiretto, attraverso racconti, immagini, filmati, notizie sui media tradizionali o in rete? Cos’è un fatto se non posso fidarmi neppure degli amici, non certo perché in mala fede, ma perché magari, meno esperti della rete, si lasciano ingannare dai mille trucchi della disinformazione digitale, spesso generati per gioco o vandalismo, non certo per nascondere complotti globali di sette più o meno segrete o interferenze aliene.

«La verità non esiste. Esistono i fatti.» È vero, esistono i fatti: quelli dei quali siete stati testimoni, che avete vissuto in prima persona, che avete vissuto per intero, nei quali siete stati profondamente coinvolti. Già tutti gli altri eventi che avvengono intorno a voi e vi sfiorano solamente possono essere considerati solo mezzi fatti, o forse mezze verità, perché completati da ciò in cui credete, da ciò che pensate sia successo, da ciò che volete che sia successo.

«La verità non esiste. Esistono i fatti.» E la verità? Non esiste davvero? O forse è semplicemente una conseguenza della fiducia che date agli altri, dei principi in cui credete, delle speranze che avete? In realtà la verità esiste, solo che non è una sola, ma una per ognuno di noi. In questo senso non esiste, ma per ognuno di noi essa è assolutamente reale, tanto reale che per determinate verità c’è chi è disposto a dare la vita, a sacrificare tutto ciò che ha. Come puoi dire a queste persone che hanno fatto tutto ciò per qualcosa che non esiste? Sinceramente non lo so.

Ah, per la cronaca… non mi è caduta alcuna penna per terra stamane.

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