Colpo di Stato



Mi domando quanti italiani si rendano conto di quello che sta succedendo nel nostro Paese. A volte mi sembra di vivere quei periodi storici che hanno preceduto le grandi dittature, come quella nazista o quella fascista, quando ti domandi: «Ma la gente si stava rendendo conto di quello che sarebbe successo di lì a poco?»

Chiariamoci: la situazione è differente e non mi aspetto che da un momento all’altro vada al potere in Italia un qualche dittatore. Sarebbe improponibile, anche perché l’Unione Europea non lo permetterebbe, o meglio, non se lo potrebbe permettere. Tuttavia alcune similitudini esistono.

La prima, quella più evidente, è la lenta erosione del potere popolare, ovvero della possibilità per il popolo di decidere il futuro del proprio Paese e quindi, anche il proprio. La chiave è nel termine “lenta”. Quando ti tolgono qualcosa un po’ alla volta, è più facile accettarlo senza protestare, quasi non te ne accorgi. Un’erosione che pian piano porta via diritti e speranze, finché a un certo punto ti accorgi che non ti è rimasto nulla, ma allora è troppo tardi.

Uno degli aspetti più importanti di una democrazia è la possibilità per il popolo di scegliere i propri rappresentanti. Scegliere vuol dire indicare una determinata persona nella quale si ripone fiducia. Non è raro in altri Paesi che l’elettore mantenga con il proprio rappresentante un canale di comunicazione, che lo segua nella sua carriera politica e verifichi che mantenga le promesse elettorali. Questo rapporto così diretto motiva il politico a mantenere una linea coerente, se vuole essere rieletto.

La prima limatura alla rappresentatività in Italia la diede il famoso “porcellum” con l’eliminazione delle preferenze. Grazie al meccanismo delle liste bloccate, di fatto molti parlamentari venivano scelti ancor prima che si aprissero i seggi elettorali. Se infatti un partito o una coalizione aveva una ragionevole sicurezza di prendere almeno una certa percentuale di voti, aveva conseguentemente anche una relativa sicurezza di avere un certo numero di seggi, per cui questi posti venivano, per così dire, messi all’asta ben prima delle elezioni, ovvero erano oggetto di contrattazioni ed accordi spesso anche complessi, soprattutto all’interno delle coalizioni, dai quali i cittadini erano del tutto tagliati fuori. Salvo cataclismi e disastri elettorali certi personaggi avevano quindi il posto sicuro e la storia ha dimostrato che anche quando si è verificato l’imprevedibile e un certo posto è saltato, la persona in questione ha avuto comunque una poltrona di ripiego in qualche istituzione periferica o ente, se non addirittura banca o società parastatale.

Insomma, con l’eliminazione delle preferenze si costringeva il popolo a delegare la scelta dei propri rappresentanti a una serie di cleri laici, ovvero le varie coalizioni e partiti, che spesso facevano tali scelte con ampio margine ben prima delle elezioni stesse.

Ma questo è stato solo l’inizio. Vi ricordate la cosiddetta cancellazione delle province? Ebbene, è stato solo uno stratagemma per trasformare una serie di poltrone che precedentemente erano oggetto di elezioni ad essere il risultato di scelte di partito. Le province sono ancora lì, o meglio le funzioni e il personale che avrebbero dovuto essere tagliati per ridurre la spesa pubblica furono semplicemente ridefiniti in altro ruolo, lasciando quasi del tutto intatti i costi ma togliendo ancora una volta al popolo la possibilità di fare una scelta.

E veniamo all’ultimo atto, ovvero il cosiddetto “italicum”. Ancora da definire, ancora in fase di discussione, ma l’approccio di base rimane sulla linea dell’erosione del potere popolare. Nonostante infatti la reintroduzione delle preferenze, il meccanismo è tale che alla fine il 100% del Senato verrà nominato dai partiti e non scelto dal popolo, mentre la percentuale di nominati alla Camera potrebbe superare l’80%. Se così fosse, il popolo avrebbe la possibilità di scegliere solo il 20% dei propri rappresentanti alla Camera, una percentuale irrisoria se consideriamo il Parlamento nel suo complesso.

Dato che poi il Parlamento elegge il Presidente della Repubblica e questi poi nomina il Presidente del Consiglio che sceglie i Ministri e da lì i Sottosegretari e via dicendo, è chiaro che ormai l’intero sistema delle istituzioni sarà definito da una classe politica ristretta che potrà fare il bello e cattivo tempo indipendentemente dai desideri degli italiani.

Non è un caso che in questi giorni si sia formato un asse fra PD e Berlusconi molto chiaro ed evidente, anche a livello di votazioni in Parlamento. Tutti i partiti sono ben consapevoli che questa per loro è un’occasione unica. Scottati dal Movimento Cinque Stelle che ha fatto prendere loro un bel coccolone ma poi, per colpa di Grillo, non ha saputo gestire il vantaggio acquisito, hanno avuto il tempo di correre ai ripari e lo stanno facendo cercando di ridurre al minimo la possibilità che un altro movimento possa fare di nuovo quello che ha fatto il movimento di Grillo, ovvero tentare di scardinare un sistema criminale che sta ormai costruendo un sistema di leggi eticamente discutibili, intese a garantire a loro e all’entourage di imprenditori e di banchieri che girano intorno ad ogni partito, la possibilità di continuare ad arricchirsi impoverendo sempre di più questo povero Paese.

Il tutto un passetto alla volta, lentamente, promulgando leggi ad hoc che finiscono per rendere legale o quantomeno legittima tutta una serie di reati e di intrallazzi che in altri Paesi porterebbero chi li commette in galera. E per coprire le tracce si mescolano le norme che si voglio far passare ad altre, giusto per confondere la popolazione. Così nel calderone dei reati depenalizzati finiscono anche reati odiosi come l’omissione di soccorso o la violenza privata, legittimandone di fatto la pratica. Nessun dubbio, tuttavia, che se tali reati fossero commessi nei confronti di quegli stessi politici e dei loro amici, il cittadino che li avesse compiuti si ritroverebbe dietro le sbarre.

Alla fine, fra erosione del potere popolare e legalizzazione di atti criminali ci ritroveremo non di fronte a una dittatura, ovvero a un individuo sul quale almeno si potrebbe far ricadere la responsabilità di tutto ciò, ma di fronte ad un’oligarchia, a una vera e propria mafia contro la quale non potremmo neppure ricorrere alla Giustizia, dato che questa sarebbe vincolata da leggi fatte appositamente per rendere legale ciò che non lo dovrebbe essere.

Ma come è possibile che tutto questo avvenga e nessuno protesti? Non è solo la lentezza con cui questo sta avvenendo, ovviamente. Sono altri due i fattori che giocano a favore di quello che si può chiamare a tutti gli effetti un “Colpo di Stato”. Il primo è il controllo dell’informazione. Ormai anche giornali che una volta avevano un minimo di rispettabilità e affidabilità sono stati inquinati dalla politica e sono diventati servi di questo sistema. Disinformazione e omissione di informazione sono fattori fondamentali per la riuscita di questo golpe perché anche la persona più onesta e intelligente non può fare oggettivamente le scelte giuste se non ha a disposizione le informazioni corrette.

L’altro fattore è il “gioco delle parti” che i vari partiti che fanno parte di questo sistema hanno messo in piedi. Ogni partito spaventa i suoi elettori affermando che se non va lui al potere, arriveranno gli altri e faranno cose turche. Ognuno a suo modo usa spauracchi diversi, a seconda che l’elettore sia di sinistra o di destra, laico o cattolico, giovane o vecchio, uomo o donna. E la paura è talmente efficace che gli elettori non si rendono conto che quegli stessi partiti, ben lungi dal considerarsi l’un l’altro avversario, quando si tratta di mantenere il sistema, sono perfettamente allineati e coperti.

La situazione è molto più drammatica di quanto la maggior parte della gente creda. Il problema non è la crisi economica, ma quella politica. Il nostro Paese ha le risorse e i cervelli per uscire da qualsiasi crisi, soprattutto considerando che la crisi economica è creata a tavolino da un sistema finanziario in sofferenza che non accettando di essere del tutto non sostenibile, scarica le proprie perdite sui debiti pubblici nazionali e di conseguenza sul popolo, ovvero sull’economia reale. Ormai questo Paese è arrivato al limite, ostaggio di una casta di politici, banchieri e imprenditori che sfruttando il fatto che l’italiano medio non è tipo da fare rivoluzioni o da scendere seriamente in piazza e combattere per i propri diritti, salvo quando qualcuno non ce lo porta con i pullman e gli mette una bandierina in mano, continuano a mungere un Paese ormai allo stremo. Chi può se ne va, riducendo ancora di più la possibilità di una reazione. Gli altri, restano a guardare.

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Commenti (1) a «Colpo di Stato»

  1. Maurizio Gentile ha detto:

    Leggendo le ultime 10 righe di questo articolo confermo pienamente ciò che leggo; la colpa sarà anche della classe politica ma la responsabilità finale è solo del popolo che in tutti questi anni non ha avuto il coraggio di ribellarsi. Basterebbe che per 6 mesi nessuno pagasse più niente facendo cadere nel delirio profondo le casse dello Stato, così forse la classe politica e governante di questa carcassa nazionale capirebbe che il popolo non è una massa di pecore addomesticate. Dalle ciance che dicono ogni giorno in televisione e sui media, dicendo cazzate al vento. Basti pensare che in 2 anni la pressione fiscale è aumentata di 3 punti ma il debito pubblico inventato dai politici e governi criminali aumenta sempre. Questo è un problema che non risolveremo mai se non ribellandoci a questo sistema di schiavitù. Basti pensare i 4 miliardi di euro che spendono per i clandestini e 500 milioni di euro per gli italiani in difficoltà. Cosa aspettiamo a riprenderci la nostra sovranità? Nell’agenda europea obbiettivo primario è renderci poveri per tenerci sotto controllo.

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