Aeronautica Militare, UCAV e aerei di 6ª generazione



Aeronautica Militare, UCAV e aerei di 6ª generazione
di Gherardo Albano

Situazione attuale, vita utile e minacce future


Eurofighter Typhoon F2

L’Aeronautica Militare attualmente ha in linea due tipologie di aeroplani da combattimento di punta, il Typhoon e l’F-35. Il Typhoon è entrato in linea negli ultimi 15 anni e si stima una vita utile per gli esemplari attualmente considerati necessari fino al 2040 ed oltre. L’F-35 dovrebbe essere acquisito in 75 esemplari (60 modelli A + 15 modelli B) dall’Aeronautica Militare (+ 15 B dalla Marina Militare) e al momento definirne una vita utile ha poco significato anche se sarà quantomeno pari a quella dei Typhoon e sperabilmente andrà ben oltre.

Diverso è il discorso per il fine vita come mezzi da combattimento efficaci. Il Typhoon è già oggi è in fase di aggiornamento con la terza tranche (T3A) e poi avrà adeguamenti dei sistemi DASS e del radar con un modello AESA e l’integrazione di missili Meteor. Forse strada facendo un adeguamento per l’IRST Pirate sarà necessario. Questi upgrade dovrebbero garantire di poter arrivare almeno al 2030 con una macchina efficace nei confronti dei vari Su-3x, ma con l’entrata in linea e la maturazione del Su-57 (T-50) il Typhoon potrebbe trovarsi in una situazione di inferiorità o quanto meno di parità complessiva.

Un capitolo a parte meriterebbero gli interessanti sviluppi cinesi ma per ora riguardano l’Aeronautica Militare solo come assessment tecnologico globale. Come aereo d’attacco l’F-35 dovrebbe lentamente maturare con le varie evoluzioni pianificate per arrivare a mantenere le promesse fatte e per ora poco supportate dalla realizzazione. Se non vi saranno sviluppi sconvolgenti delle tecnologie counter-stealth, l’F-35 continuerà ad essere il top degli aerei d’attacco manned, escludendo progetti non disponibili come il B-2 o il futuro B-21 che sono un paio di step oltre come stealth, dimensioni e costi.

Lo stato dell’industria aeronautica


Lockheed Martin F-35 Lightning II

L’Aeronautica Militare può quindi guardare ai prossimi 10-15 anni senza dover mettere in linea nuovi caccia, ma l’industria italiana (Leonardo in primis) non può pensare di mantenere le competenze di punta in questo settore solo con programmi di aggiornamento. Ha necessità di fare ricerca e produrre nuovi aeroplani con nuove tecnologie pena la futura dipendenza totale dall’estero già percepita con la partecipazione da sub-fornitore alla produzione dell’F-35 e da cui non si è avuto nulla sulle nuove tecnologie se non esperienza di assemblaggio nonostante la partecipazione al 4% dello sviluppo.

La Gran Bretagna tramite British Aerospace è in una situazione simile e si sta accordando per supportare con i propri gruppi ingegneristici gli sviluppi di partner esteri persino laddove potrebbe essere poco saggio, come nel caso della Turchia. Francia e Germania teoricamente stanno partendo adesso con lo sviluppo di un successore per Rafale e Typhoon dai contorni per ora molto poco delineati: manned o optionally manned, attacco o caccia, mono o bi-motore, navale e simili. La Svezia, altra nazione produttrice europea, dopo lo sviluppo del Gripen E sarà forzata ad una collaborazione internazionale, ma con tempistiche più lontane. Un po’ tutti stanno facendo ricerca applicata sugli Unmanned Combat Aerial Vehicle (UCAV), vera frontiera per l’innovazione, ma per ora senza un target dottrinale finalizzato ed una produzione programmata.

L’industria italiana ha la necessità di agganciarsi a un treno di sviluppo nei prossimi anni, ma l’Aeronautica Militare deve supportare la sua partecipazione garantendo l’adeguato mercato e le scelte dottrinali da utilizzatore. Ciò a sua volta permetterà l’export e quindi porterà benefici economici, di occupazione e sperabilmente di influenza e collaborazione internazionale. A valle della fallimentare esperienza F-35 con gli USA che non ha garantito adeguati ritorni tecnologici e anzi ci ha visto come subfornitori non privilegiati, ritengo che la nostra industria possa esplorare sviluppi tecnologici congiunti solamente in Europa o paesi di rilevanza simile alla nostra.

Evoluzione tecnologica


B-2 Stealth Bomber

Se pensiamo tecnologicamente oltre a quanto possa essere offerto da un Typhoon evoluto (T4), in un futuro aeroplano multiruolo di 6° generazione possiamo evidenziare alcune aree di sviluppo chiave.

  • La prima è ovviamente un disegno stealth complessivo ma bilanciato e con materiali che consentano un costo di produzione ed esercizio inferiore all’F-35 oltre che estendere la bassa rilevabilità anche a radar che usano frequenze più lunghe (radar da ricerca in banda L o UHF) di quelli di tiro (banda X).
  • La motoristica muove i suoi passi verso nuove tecnologie dei materiali ma soprattutto verso “game changer” quali i motori con rapporto di bypass variabile (Variable Cycle Engine – ADVENT, AEPT) tali da garantire più di un design point in termini di velocità e quota (un po’ come l’ala a geometria variabile che consente in campo aerodinamico basse velocità di atterraggio come anche spunti a Mach 2) ma si deve capire fino a che punto il gioco valga la candela (pesi, costi, volumi, …) e se le tecnologie siano perseguibili nell’ambito del budget.
  • Interessantissimo e pervasivo il discorso sulle tecnologie di produzione con materiali creati da stampanti 3D in quanto rivoluzionano il costo di produzione (meno parti, meno materiale usato, ottimizzazione spinta del componente, inclusione di più funzioni tradizionalmente non disponibili, …) e quello di manutenzione / disponibilità di parti di ricambio. Tutto ciò può essere realizzato pienamente solo in un nuovo disegno o ridisegno che però comporta ricertificazioni che spesso non portano ad un risparmio complessivo. La stampa 3D rende anche più facile sviluppare prototipi a costi contenuti.
  • Ulteriore elemento futuribile ma ormai da tenere presente per nuovi progetti, sono i laser di potenza aeroportati che probabilmente vedranno le prime implementazioni come elementi di autodifesa da missili AA o SA. L’impatto che hanno nel disegno complessivo è ad oggi significativo, sia per i volumi occupati sia per le necessità di potenza e raffreddamento non banali e sono certamente elementi da valutare nella tabella costi/benefici, fosse anche solamente per valutarne eventuali predisposizioni per aggiornamenti di mezza vita. Credo però che salvo sorprese troveranno posto prima in aerei più grandi e con minori restrizioni (bomber, aerocisterne, AWACS, …).

Predator RQ-1 UAV

Avrete notato come elencando le tecnologie innovative non sia menzionato l’intero settore avionico, non perché non sia innovativo, ma perché non è un fattore normalmente differenziante tra generazioni. È infatti uno di quegli elementi che sono installabili anche a posteriori senza grosse penalizzazioni in disegni inizialmente non ottimizzati. A riprova di ciò, basta vedere l’evoluzione dell’F-16.

Le tecnologie discusse sono tutte in sviluppo negli USA ma non allo stesso livello in Europa o altrove e quindi in ambito di sviluppo si dovrebbe capire cosa è disponibile e cosa si dovrebbe ricercare autonomamente in ottica 6° generazione. Queste decisioni condizionerebbero in maniera sensibile qualunque pianificazione progettuale e per un vero aereo al top tecnologico servirebbe il contributo economico e tecnologico di tutte le maggiori nazioni europee includendovi anche Gran Bretagna.

UCAV e 6ª generazione

Un capitolo totalmente a parte sono le tecnologie per gli aerei da combattimento senza pilota (UCAV) che per la prima volta potrebbero essere un elemento sconvolgente nel rimpiazzo generazionale (4°, 5°, 6°, …) dei multiruolo pilotati ad alte prestazioni così come gli Unmanned Aerial Vehicle (UAV) hanno rivoluzionato il segmento di ricognizione e sorveglianza, anche armata nei conflitti a bassa intensità.

In questa analisi non discuteremo le peculiarità dei velivoli “optionally manned” che presentano pregi e difetti intermedi tra le categorie pilotate e UCAV e che possono essere una scelta derivata da aerei pilotati.

Un UCAV ottimizzato, rispetto a un aereo pilotato, ha un certo numero di vantaggi intrinsechi quali: maggiore spendibilità politica e militare, maggiore resilienza dovuta ai grandi numeri, elevato refresh tecnologico, flessibilità di crescita numerica rapida in caso di crisi e basso costo. Il basso costo dipende dai diversi requisiti che possono portare ad un disegno diverso da quello che deve essere realizzato per un aeromobile tradizionale che deve garantire 9000 ore di vita utile con un pilota a bordo. Un UCAV può essere ottimizzato per volare al massimo per qualche centinaio di ore di volo solamente in situazione di guerra aperta (forti perdite) e quindi non necessita delle ridondanze di struttura e componenti cercate per velivoli “human rated”. Un UCAV tipicamente (escludiamo ad esempio aerei di supporto quali i tanker che verrebbero usati anche in tempo di pace) non ha necessità di training (i piloti sarebbero addestrati totalmente su simulatori) e verrebbe prodotto e messo in storage fino all’utilizzo bellico, similmente a quanto si fa oggi per missili o cruise.


Selex ES Falco UCAV

Contro un avversario di pari livello tecnologico gli UCAV non potrebbero essere usati nello stesso modo in cui si usano oggi i Reaper contro l’ISIS controllandoli da 10.000 Km di distanza. Infatti, anche considerando parti di volo in modalità semi-autonoma, le necessità di comunicazione satellitari (capacità in Gbit/sec) per un gran numero di UCAV (centinaia), i ritardi di trasmissione e la vulnerabilità del controllo remoto (satelliti in primis) sarebbero ovvi punti di debolezza della soluzione sfruttabili da un nemico capace. Si deve quindi pensare, per tale categoria di unmanned, di integrare il controllo remoto con soluzioni quali il controllo locale (line of sight) con un aereo madre (F-35, AWACS, dedicati, …) o autopiloti che a fronte di eventi reagiscano in modi preordinati (es: manovre evasive, disimpegno, dispersione, …) su base priorità. Si può anche pensare a versioni wing-man per aerei pilotati (seguo quello che fai o eseguo attività programmate e sono spendibile) che volano davanti a un pacchetto d’attacco o fanno da picchetto avanzato per la linea caccia incrementandone la sensoristica o le capacità di carico missili o che saturano/disabilitano una bolla SAM permettendo il passaggio di aerei pilotati.

Siamo ancora agli albori degli UCAV e una codifica operativa condivisa non esiste ancora. Possiamo anche ritenere ragionevole che un solo UCAV non dovrebbe avere tutte le capacità di un aereo multiruolo, ma la parte necessaria in un ambito operazionale complesso (es: ECM, radar, magazzino missili, relay di comunicazioni, esca, …) integrata da altri UCAV in base alla pianificazione. Lo sviluppo dei sistemi semi-autonomi e di controlli remoti robusti, sicuri e flessibili sono elementi essenziali per gli UCAV.

Quanto detto non esclude la necessità di aerei di 6° generazione (pilotati o meno) che rimarrebbero essenziali per il tempo di pace e come complemento e “cani pastore” per gli UCAV in guerra.

Situazione geopolitica

La situazione internazionale oggi vede l’Italia con i riferimenti principali nella NATO, nell’Unione Europea e nell’ONU. Ad oggi non ci sono minacce concrete alle frontiere ma i lunghi tempi di sviluppo e di preparazione di uno strumento bellico efficacie non sono compatibili con situazioni che cambiano velocemente. In pratica serve mantenere le competenze perché recuperarle crea deficit di lungo periodo che possono essere sfruttati da competitor. Oltre a ciò, la partecipazione italiana a missioni internazionali comporta la necessità di partecipare in ambito internazionale con uno strumento di livello adeguato, pena la marginalizzazione. Questo potrebbe portare a operare in zone inaspettate e con competitor pericolosi.

Alternative


US Navy Future UCAV Project

Tornando quindi alla problematica iniziale di soddisfare le necessità dell’Aeronautica Militare, mantenere competenze tecnologiche di punta e garantire occupazione ad elevato contenuto in Italia, vi sono due sviluppi significativi avviati in Europa. Il primo è il nuovo caccia multiruolo franco-tedesco in cui le tempistiche italiane e francesi potrebbero essere allineate mentre quelle tedesche sarebbero anticipate di almeno 5 anni a causa della necessità di sostituzione del Tornado. Tecnologicamente si tratta di un progetto di sviluppo molto significativo e con costi comparabili a quelli sostenuti per il Typhoon. Vi è poi da capire se saremmo graditi o meno e con che ruolo a fronte di due galli che già si contendono un ruolo di leadership. Insomma, da esplorare ma con molti se e ma anche per un export tutto da definire. Il secondo sviluppo è l’UCAV anglo-francese che ritengo molto interessante tecnologicamente. Anche qui da chiarire se non siamo stati invitati o non saremmo graditi o potremmo unirci al programma, sperabilmente con un ruolo non banale. Le dimensioni di questo UCAV e quindi i costi con un motore derivato dell’M88 sembrano però indicare il concetto di un UCAV grande e poco spendibile più simile operativamente ad un UCAV optionally manned.

Nell’incertezza, l’Italia, da sola o in consorzio, potrebbe percorrere una terza via con una serie di dimostratori tecnologici per UCAV spendibili (leggeri) esplorandone le tecnologie di base e l’operatività integrata in un campo ancora vergine e che potrebbe anche avere ricadute immediate anche come aggiornamenti di modelli già sviluppati. Pensando a partner esteri e supponendo un supporto governativo e del MISE adeguato, potremmo collaborare con Giappone o Svezia o, lanciandoci in fantapolitica, con Israele.

La tipologia di UCAV “spendibile” con numero di ore limitate è ben diversa da quella di un velivolo di 6° generazione (o da un UCAV pesante) e quindi non è efficacie che da uno si possa derivare l’altro a meno di non rinunciare a forti risparmi economici e operatività innovative da mini swarm. Data la situazione attuale, l’Italia potrebbe avere maggiori ritorni da uno sviluppo di UCAV spendibile che comporterebbe un impegno economico minore, un mercato d’export più ampio e tecnologie alla portata dell’industria nazionale per poi acquisire o licenziare a prezzi di mercato la 6° generazione sviluppata da altri.

Tempistica

La tempistica di sviluppo dipende molto da cosa si persegue. Lo sviluppo di un aereo di 6° generazione sarebbe legato alle necessità tedesche, più pressanti di quelle dell’Aeronautica Militare, con una data di entrata in servizio intorno al 2035 e quindi un progetto di circa 15 anni, teoricamente adeguati. Lo sviluppo di un UCAV spendibile sarebbe invece più legato ad una adeguata maturazione degli elementi tecnologici ed operazionali dato che non dovrebbe sostituire un aereo esistente ma integrare la linea di volo. Ci possiamo attendere vari prototipo per provare singoli elementi e poi un progetto realizzativo finale operativo per il 2035-40. Potenzialmente vari sottosistemi potrebbero essere usati in diverse strutture aerodinamiche per ruoli diversi.

Commenti (2) a «Aeronautica Militare, UCAV e aerei di 6ª generazione»

  1. Valerio ha detto:

    Non vedo nulla nel campo UCAV sul Piaggio P.1HH . Come si posizione rispetto ai cugini? E’ adattabile o resterà per sempre sostanzialmente un ‘civile’?

    • Gherardo ha detto:

      Valerio, lo Hammerhead è sì un UCAV ma del tipo capace solo di supportare missioni in spazi aerei senza opposizione avversaria, come lo è il Predator ed altri che non hanno caratteristiche stealth o spunti velocistici alto subsonici.
      E’ sicuramente un aereo interessante per le missioni a cui è destinato ma nulla potrebbe contro nazioni dotate di aviazione anche di seconda o terza fascia e qualunque missile terra aria a medio raggio ne farebbe coriandoli.
      Potrebbe essere utilizzato, rimaneggiandone il payload, per fare da nodo di comunicazioni per estendere il controllo da terra.

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