Il Paese delle Contraddizioni



Quando si parla di Stati Uniti d’America in Italia, in Europa e in generale nel resto del mondo, è facile sentire opinioni di tutti i generi, si passa cioè dalle critiche più accese alle lodi più esagerate. Gli USA sono sicuramente una delle nazioni più amate e più odiate dal resto del mondo, tuttavia, tralasciando le considerazioni di carattere politico e indipendentemente da chi in un determinato momento stia governando in USA, risulta in effetti pressoché impossibile esprimere un giudizio sufficientemente uniforme nei confronti della nazione statunitense.

Prendiamo ad esempio l’economia. Sicuramente la cultura americana è sostanzialmente capitalista e non lo è solo al livello delle grandi imprese, ma anche del singolo cittadino. L’attitudine al rischio dell’americano medio è considerevolmente più alta di quella dell’europeo medio, decisamente più alta di quella dell’italiano medio. Questo fa sì che in quel Paese una persona possa essere licenziata praticamente senza preavviso, ma allo stesso tempo, in USA, le banche d’affari sono capaci di trovare finanziamenti a chiunque abbia un’idea brillante e abbia bisogno di soldi per realizzarla. Analogamente la grande distribuzione la fa da padrone negli USA, ma i piccoli commercianti, invece di invocare norme che li proteggano, trovano in altri canali, come ad esempio Internet, un’alternativa concorrenziale. Insomma, la gente non è abituata a rivolgersi allo Stato per vedersi riconosciuti i propri diritti, ma è avvezza a lottare per far sì che essi siano rispettati. Sull’altro versante i consumatori sono spesso preda di un modo di fare mercato certamente liberale, ma spesso molto aggressivo e non sempre trasparente, e tuttavia le associazioni di consumatori in USA sono fra le più forti ed efficaci nel mondo e ottengono risultati impensabili nel nostro Paese. Resta il fatto che nella più grande economia mondiale ci sono allo stesso tempo la maggior parte delle persone più ricche del mondo e gente che muore letteralmente di fame.

Gli USA sono anche un Paese dove lo stato sociale è praticamente inesistente: la pensione non è un diritto, l’assistenza medica è sostanzialmente a pagamento ed è basata sulle assicurazioni private, la maggior parte di quelli che nel nostro Paese, ad esempio, sono meccanismi fortemente controllati e burocraticizzati, come matrimoni, divorzi e adozioni, lì seguono schemi piuttosto aperti e liberali ma proprio per questo poco garantisti. Sembra quasi un’ironia della sorte il fatto che proprio da questo Paese si sia importato in Italia il termine «welfare». Eppure negli Stati Uniti esistono molte più associazioni di volontari che in qualunque altro Paese del mondo, di fondazioni benefiche, di istituti filantropici. Moltissimi americani sono impegnati in qualche forma di volontariato e molti principi sociali sono insegnati fin dai primi anni di scuola.

Ma le contraddizioni non finiscono qui. Gli ultimi censimenti hanno rilevato come ad esempio negli USA la percentuale di alfabetizzati è del 97%, contro il 99% dell’Italia. In effetti la media degli americani ha spesso un livello culturale più basso di quello europeo, anche perché i college e le università sono private e a pagamento negli USA, sebbene esista un valido modello di borse di studio, e le migliori sono comunque a numero chiuso. Bisogna fare domanda per essere accettati e non vi è alcuna garanzia che ciò avvenga. Laurearsi in un’università famosa è ben diverso che uscire da una semisconosciuta. Eppure le migliori università e centri di ricerca americani sono all’avanguardia nel mondo, producono i più grandi esperti in tutti i campi, non solo quelli tecnologici, ma anche nelle materie umanistiche, dall’archeologia alla storia medioevale. Non c’è stata praticamente edizione dei premi Nobel negli ultimi decenni che non abbia visto almeno un americano premiato. Eppure non è raro incontrare in California persone che non hanno la più pallida idea di come si formi un terremoto pur vivendo di fatto sopra una faglia. D’altra parte nelle scuole americane si insegna come comportarsi in caso di terremoto, si fanno esercitazioni di evacuazione sia negli edifici scolastici che negli uffici, spesso nelle scuole ci sono psicologi e insegnanti di sostegno e si insegnano moltissime cose che possono tornare utili nella vita di ogni giorno oltre che le materie tradizionali come Storia, Geografia o Matematica.

Si potrebbe continuare per ore. Basti pensare ai diritti umani dei quali gli USA si ritengono fra i massimi promotori e di fatto negli Stati Uniti si presta molta attenzione ai diritti fondamentali degli individui. Allo stesso tempo in molti Stati esiste la pena di morte, non sono state poche le esecuzioni discutibili e le prigioni americane sono fra le più dure del mondo. Analogamente gli USA dimostrano spesso scarsa attenzione ai problemi ambientali, e tuttavia il movimento ambientalista è di fatto nato proprio in quel Paese. Gli USA, soprattutto la California, sono stati la patria d’origine di molti movimenti radicali, di protesta e di emancipazione. È uno dei Paesi più puritani del mondo e allo stesso tempo uno dei maggiori produttori di film porno del pianeta. Insomma, è il Paese delle Contraddizioni.

Sono proprio tutte queste contraddizioni alla base della varietà di opinioni che caratterizzano i giudizi che noi, che americani non siamo, diamo degli Stati Uniti. In pratica chi vuole criticare gli Stati Uniti ha talmente tanti appigli per farlo quanto chi li desidera elogiare. Ci troviamo dunque di fronte a un sistema caotico, schizofrenico, incapace di trovare un equilibrio? Come si è formata questa miscela di buono e cattivo, di situazioni spesso estreme che non ha forse uguale in nessun altro Paese del mondo? E in definitiva, gli USA sono veramente una sorta di «impero senza scrupoli» o piuttosto l’«unica vera fiamma della libertà nel mondo»?

La risposta è più semplice di quanto si possa pensare. La storia degli USA è nota ai più. Sappiamo che le americhe sono state per secoli la valvola di scarico di tutti i movimenti radicali, innovativi o integralisti in Europa, di tutti coloro cioè che non potevano o non volevano integrarsi con la società europea. A questi vanno aggiunti gli schiavi portati dall’Africa, i Cinesi venuti dall’Estremo Oriente, gli emigranti Europei che fuggivano da Paesi ridotti alla fame. Tutti si sono ritrovati in un Paese grande, pieno di risorse, dove c’era terra per tutti. Terra che ovviamente apparteneva già ad altri, ovvero ai nativi americani. La storia degli Stati Uniti è quindi stata fin dall’inizio una storia di conquista in una lotta senza quartiere nella quale ognuno doveva imparare a cavarsela da solo ma nello stesso tempo anche una storia di solidarietà e coraggio. Se vogliamo, il Peccato Originale Americano, il Seme della Contraddizione, è nato con la conquista del West, anche se le radici sono comunque più antiche, risalendo al XVI secolo.

Potremmo quasi dire che questa mistura di mancanza di scrupoli e spirito di sacrificio, capacità d’adattamento e attitudine al rischio, passata attraverso il setaccio di un meccanismo di selezione che non aveva alcuna pietà per i più deboli, fossero essi nativi oppure immigrati, ha generato questo essere contraddittorio e per lo più alieno al nostro modo di pensare che è l’americano.

In pratica tutte le qualità e le capacità di quel grande Paese nascono da una scelta: la parola d’ordine è «selezione». Non siamo ai livelli di Sparta, ma il principio è lo stesso. Chi perde perde tutto, chi vince vince tutto. Tutti, ma proprio tutti, hanno la possibilità di lottare per il potere, ma nulla è garantito ad alcuno. Non c’è minoranza, non c’è individuo, per quanto emarginato o discriminato che non possa emanciparsi, arrivare in cima alla piramide, ma deve farcela con le sue forze, deve guadagnarselo, e se non ci riesce peggio per lui. È stato così per i neri, per i cinesi, per i latino-americani, per gli italiani, per le donne, per gli omosessuali e continuerà ad essere così per tutti, qualunque sia il colore della loro pelle, la loro etnia, la fede in cui credono, il loro sesso o il loro orientamento sessuale.

L’America è la terra delle peggiori discriminazioni e dei più forti movimenti di emancipazione. Ma di nuovo: la regola è «selezione». Una volta compreso questo, una volta capito che i grandi risultati degli Stati Uniti sono il risultato di un meccanismo feroce di selezione che non ragiona in termini di equa distribuzione delle risorse ma porta ai limiti il concetto di meritocrazia, ogni contraddizione scompare. Questo non renderà certamente quel modo di vivere più accettabile a noi europei e chi odia l’America continuerà a odiarla, chi la ama continuerà ad amarla, ma almeno ci permetterà di capire meglio un Paese che, volenti o nolenti, non possiamo ignorare.

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Commenti (9) a «Il Paese delle Contraddizioni»

  1. quellachenonsei ha detto:

    Né amore né odio, piuttosto attrazione-messa in discussione per un Paese che riesce a mettere sotto impeachment un presidente per adulterio ma anche a rieleggerne un altro malgrado l’esportazione di democrazia armata.
    Ho sempre tifato per gli indiani ma ascolto da sempre musica made in USA.
    D’altra parte non posso odiare gli italiani per chi hanno votato.
    m.

  2. utente anonimo ha detto:

    Bel post, complimenti. Difficile, anzi quasi impossibile non condividere ciò che hai scritto.
    Prendo le distanze sulle statistiche dell’alfabetizzazione. Non ho mai amato le statistiche in genere, ma soprattutto quelle riguardanti il fenomeno di alfabetizzazione di una nazione, mi hanno sempre lasciato molto perplesso.
    In questi giorni, per esempio, sono venuto a sapere che qui in Italia, per l’Istat, analfabeti sono coloro che hanno la licenza elementare e semialfabeti coloro che sono arrivati alla terza media.
    Andare a scrivere che il 97% degli americani sono alfabetizzati, e non sapere che tra gli adolescenti americani(dai 13 ai 19 anni), il 24% non sa individuare sulla cartina geografica la capitale degli Stati Uniti, mi sembra tutto molto fuorviante. Credo sia importante ad andare a vedere il vero tasso culturale del popolo americano. Penso che la vera cultura degli americani sia quella televisiva e se andiamo a vedere i telegiornali americani, su 40 minuti di trasmissione dedicano meno di tre minuti alle notizie internazionali (europee e mondiali). Come ha detto Michael Moore: gli americani non sanno neanche dove sta l’Iraq, noi europei invece si. Continuo a considerare il popolo americano il più ricco e il più armato del mondo, ma il più incolto, il più ignorante di tutto il pianeta.

    Antonello Leone

  3. Dario de Judicibus ha detto:

    Antonello, nel caso specifico per alfabetizzazione si intendeva solo ed esclusivamente il saper leggere e scrivere l’inglese, cosa peraltro che non è da dare per scontata in un Paese in cui molte etnie continuano a mantenere la loro lingua anche dopo l’emigrazione. I casu più eclatanti sono gli Stati come la California e la Florida dove lo spagnolo è praticamente alla pari con l’inglese. Una notte di molti anni fa arrivai a Miami dopo che l’aereo era atterrato con un ritardo colossale. Erano le due e la persona che stava alla ricezione non parlava una parola di inglese: solo spagnolo, cubano per giunta. 😉 Comunque, condivido il fatto che dati e statistiche vadano trattati con le pinze, ma in quel caso si parlava solo dell’alfabetizzazione in senso stretto, non della cultura di base.

  4. Dario de Judicibus ha detto:

    Anonimo — mi piacerebbe se poteste firmare i commenti, per favore, almeno con un alias, in modo da avere almeno un nome con il quale rivolgervisi — intanto grazie per i puntatori. L’esempio di South Park, che peraltro a me non piace, è comunque ben scelto per rappresentare proprio quella contraddizione di cui si parlava. Da una parte l’America che si scandalizza per un seno nudo — peraltro nulla di eccezionale — della Janet, dall’altro caroons come i Simpson, South Park e diversi altri, assolutamente irrispettosi di ogni possibile ideologia o tabù. A volte viene da pensare che gli USA soffrano di una certa schizofrenia… 😉

  5. Dario de Judicibus ha detto:

    Per quanto riguarda Moore, questa è quella tipica situazione nella quale alla fine a *noi* restano *solo* atti di fede. In pratica, o si crede a uno o si crede all’altro, ma la verità è così mescolata a bugie e disinformazione da ambo le parti che riuscire a dare una giusta interpretazione alle cose richiederebbe una conoscenza *diretta* di carte e fatti, cosa che è al di là della portata di un comune cittadino, specialmente al di fuori degli Stati Uniti. Ho letto parecchio a riguardo e ogni volta che leggo quello che dice uno sembra tutto così logico, vero, razionale. Poi leggi quello che dice l’altro e di nuovo dici “però, suona verosimile, mi sembra abbia ragione”. Alla fine ne sai meno di prima. 🙁

  6. utente anonimo ha detto:

    Su Moore: ciò che scrive non è per niente razionale, vero o logico; forse ad una veloce occhiata “può” sembrare, ma mi pare molto difficile abboccare alle sue tesi, a meno che non si sia completamente indottrinati dalla propaganda anti americana, che ahimè in Europa non è rara.
    Basta pensare al fatto che in USA pure molti liberal sorridevano a ciò che Moore affermava, essendo i suoi slogan al di fuori di ogni logica razionale, e molto probabilmente le sue “idee” hanno fatto breccia su quei estremisti ( per quanto rigurade l’ UE e anti Bush per gli USA) che vedono negli States ogni male del mondo, ma dubito che abbiano fatto cambiare opinione a gente di buon senso.

    Carino il post, soprattutto equilibrato, anche se più che considerare gli estremi ( poco rappresentativi del paese “vero”)guarderei più ciò che è comune a tutti, e vedrai che le contraddizioni caleranno.

    Libero1492 – American Dream

  7. Dario de Judicibus ha detto:

    Libero1492, concordo sul fatto che fra gli estremi ci sia molto di più e che la maggior parte degli americani siano proprio lì. Quello che a volte lascia stupiti è realizzare quanto ampia sia la gamma delle situazioni negli USA, più che in Europa ed altri Paesi. Se uno si dimentica quanto sia selettiva e competitiva quella nazione, verrebbe da pensare che è del tutto assurdo che in un Paese così ricco e potente ci possano essere a volte situazioni da Terzo Mondo. Ma sono solo due facce dello stesso meccanismo, quello del “vincente”, di chi deve raggiungere l’eccellenza ad ogni costo, anche se questo può voler dire lasciarsi dietro gli altri.

    Io personalmente mi sento più Europeo, ma rispetto comunque la forza e il coraggio di quel sistema, anche se non sempre lo condivido.

  8. Lisistrata ha detto:

    Ho letto con piacere la tua analisi, con la quale in linea di massima concordo. Ho sempre pensato che tutto ciò che possiede valore abbia un costo molto alto, come il bene possa esistere soltanto nell’espressione del suo esatto contrario, e la gioia per il dolore. Questi sono i meccanismi della nostra vita, là dove si sfumano le emozioni, si sfumano anche le valenze. Peccato che Antonello non abbia capito lo spirito della tua disquisizione e abbia colto solo quella parte matematica riferita all’alfabetizzazione, ma i preconcetti sono insinuosi e per passare inosservati si travestono di razionalità, altrimenti come spiegarli a sé stessi e darli per buoni agli altri?

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