Apologia di reato e libera espressione



Sono sempre stato contrario alla legge 20 giugno 1952, n. 645, detta anche Legge Scelba, ovvero a quella legge che prevede il reato di apologia del fascismo e nello specifico nei confronti di chi «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». Lo sono proprio in quanto sono sempre stato contrario a ogni forma di estremismo, fascismo incluso. Potrebbe sembrare una contraddizione, ma non lo è e per una ragione molto semplice: permettere a chi ha determinate idee di poterle esprimerle è l’unico sistema per mettere davvero alla prova i principi della democrazia ed evitare che dittature come quella fascista possano di nuovo affliggere il nostro Paese.

In realtà i motivi sono essenzialmente due. Il primo è che permettendo a chi ha determinate idee di esprimerle — ma non di metterle in atto, ovviamente — ci permette di avere un’idea chiara e soprattutto quantitativa di quanto determinate idee siano popolari e diffuse nel Paese. Costringere alla clandestinità chi ha determinate idee, vuol dire rendere difficile capire quale sia la situazione effettiva. Certe idee, infatti, non vanno mai bollate semplicemente come stupide o superficiali, non perché non ne abbiano spesso le caratteristiche, ma perché hanno comunque cause reali che non vanno mai sottovalutate. Basti pensare a come la crisi economica della Germania dopo la Prima Guerra Mondiale e la tesi della Dolchstoß, la cosiddetta “pugnalata alle spalle”, abbiano contribuito all’ascesa del nazismo.

L’estremismo fonda sempre la sua ideologia su fatti e verità condivise da molti, opportunamente strumentalizzate per sostenere una specifica tesi. Per questo spesso ha così seguito. Se a questo aggiungiamo l’aspetto fideistico che contraddistingue ogni ideologia, sia essa religiosa che politica, allora ci troviamo di fronte a un pericolo reale per la democrazia. Limitarne l’espressione è come combattere gli effetti di una malattia con una terapia sintomatica senza tuttavia affrontare la malattia stessa e le sue cause. Così facendo questo genere di idee diventano doppiamente pericolose perché si diffondono come un cancro nella clandestinità per poi uscire allo scoperto quando è troppo tardi per attuare serie contromisure, prendendo alla sprovvista un Paese ovattato nella sua illusione di democrazia.

Il secondo motivo è che una democrazia è tanto più forte quanto più è immune da affermazioni e tesi estremiste. In pratica, non è importante solo capire quanto siano diffuse determinate idee, ma soprattutto quanto possano essere attraenti per la popolazione, soprattutto per le giovani generazioni. Nascondere ufficialmente determinate idee non ha mai impedito che esse potessero diffondersi soprattutto fra gli adolescenti. Il non poterne parlare alla luce del sole non impedisce solo che possano essere espresse, ma anche che possano essere confutate e contrastate pubblicamente, e questo le le rende più interessanti proprio in quanto “proibite”. Potrà sembrare strano ma affermare che una certa ideologia è sbagliata non permettendo a chi crede in quella ideologfia di affermare il contrario, riduce l’efficacia dell’azione di contrasto facilitandone piuttosto la sua diffusione.

Una democrazia che ha paura della libera espressione di chi democratico non è, in realtà è una democrazia debole, che dubita di se stessa e della sua capacità di contrastare idee estremiste e integraliste. Se vogliamo davvero aiutare le nuove generazioni a capire quali idee siano giuste e quali sbagliate, non dobbiamo impedire loro di venire in contatto con quest’ultime e assumere così di averli protetti da influenze sbagliate, ma fare esattamente il contrario, ovvero metterli di fronte a chi crede in tali idee e dimostrare loro che determinati argomenti non hanno solide fondamenta nei concetti come nei fatti. Se non facciamo così rendiamo vita facile a chi strumentalizzerà l’azione di censura per far venire il sospetto che una tale azione nasconda in realtà il voler combattere una qualche oscura verità.

C’è infine una terza ragione, che non ho voluto indicare fra quelle principali, dato che le prime due mi sembrano sufficienti, ma che rappresenta comunque un valido motivo per evitare di usare in modo troppo leggero azioni di censura e limitazioni della libera espressione di idee. Se la quasi totalità della popolazione italiana può infatti essere d’accordo sul condannare ad esempio abomini come l’orgoglio pedofilo, ci sono centinaia di questioni su cui il Paese è diviso, dall’aborto all’eutanasia, dalla legalizzazione delle droghe o della prostituzione all’utilizzo dell’energia nucleare o degli OGM. Se iniziamo a bloccare la libertà d’espressione su determinati argomenti, chi stabilisce dove vada posizionata la linea di demarcazione fra ciò che è lecito affermare e ciò che non lo è? Sicuramente è una questione molto delicata perché è facile usare tecniche di disinformazione per far accettare spostamenti di quel confine in una direzione piuttosto che un’altra. Ecco perché a mio avviso l’espressione dovrebbe essere libera, l’azione invece limitata dalle leggi.

Perché parlarne oggi? Perché sono diversi mesi ormai che diversi uomini politici e personaggi della cultura non solo di destra ma anche di sinistra stanno proponendo di mettere dei seri limiti a ciò che si può scrivere in rete, soprattutto sulle reti sociali come Facebook. I vari gruppi inneggianti a Tartaglia o alla Maiolo ne sono un recente esempio, ma c’è molto di peggio ai gruppi che si limitano a propagandare idee politiche estreme: basti pensare ai quelli che sostengono il cosiddetto “orgoglio pedofilo”. È giusto chiudere quei gruppi? È giusto censurare blog e siti che esperimono detrminate idee? Ripeto: “esprimono”. Sto parlando solo della libertà di espressione. Personalmente credo di no: per quanto mi riguarda trovo estremamente utile sapere che ci sono persone che la pensano in un certo modo e anche sapere esattamente cosa dicono, come sostengono le loro tesi. Infatti l’unico modo per combattere un nemico è conoscerlo e combattere un’ideologia non è qualcosa che possa essere fatto efficacemente dalla sola autorità giudiziaria o dalle forze dell’ordine, proprio per le caratteristiche intrinseche delle ideologie: un’ideologia sbagliata la si combatte con una cultura sana e matura e a combatterla devono essere tutti i cittadini. Questo può essere fatto solo se la si porta alla luce del sole. Ridurla alla clandestinità è come coprire con una mano di semplice vernice una trave metallica arruginita. Prima o poi il ponte cederà.

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