Vittorio Sgarbi



Vittorio Sgarbi
di Marinella Saiu

Incontrare Vittorio Sgarbi significa dimenticare che esiste il tempo. Ma poco importa. Basta immergersi in un’atmosfera antica e riempire i propri occhi, e il cuore, delle bellezze che la sua casa impone prepotentemente e il tempo sembra non esistere più. Verrebbe anzi voglia di non uscirne mai. Il sogno e il rapimento. Il viavai continuo di persone — facce note ed ignote, al padrone di casa pare interessi poco — scandisce le ore che passano. Abituati a conoscerlo nelle sue performance televisive piene di invettive e di aggressività, è sorprendente vedere quella stessa persona così gentile e disponibile, così generosa e amabile. L’impressione è che riesca a non trascurare nessuno. Sarà una sorta di raffinato narcisismo non contemplato da Herr Freud? Lui, Sgarbi, c’è, il mondo lo vede e lo guarda, e fa dono di sé allegramente e con entusiasmo infantile. E si esce così dal suo "museo" un po’ storditi e disorientati.

Ha sempre saputo di essere Sgarbi?

L’ho saputo da quando avevo nove o dieci anni anche se, rispetto alla vita pubblica, l’ho scoperto verso la fine degli anni Settanta quando sul «Corriere della Sera» Giovanni Testori cominciò a scrivere di me. Da quel riconoscimento sul «Corriere» assunsi una più chiara consapevolezza e convinzione del mio operato. In seguito vi fu una serie di altri eventi, altri libri pubblicati, il premio Estense nell’85… Un’ulteriore conferma la ebbi in un confronto con Giorgio Bocca, Geno Pampaloni e altri intellettuali molto più vecchi di me. Poi è arrivata la televisione che ha significato una maggiore diffusione del mio pensiero.

Quanto lo Sgarbi privato corrisponde a quello pubblico?

Lo Sgarbi pubblico è la pubblicazione dello Sgarbi privato. Non ce n’è un altro. Il mio essere pubblico può anche, nella contaminazione o nel conflitto con gli altri, far scattare una serie di effetti imprevisti. D’altra parte la comunicazione è legata all’imprevisto. Se uno parla da solo rende pubblico il proprio pensiero mentre se uno parla con altri possono nascere diverbi, scontri. Si può dunque apparire diversi mentre è solo la condizione a essere differente: quella in cui il pensiero si manifesta e si confronta rispetto a quella in cui il pensiero non si raffronta.

Qual è la cosa che non è ancora riuscito a realizzare?

La mancata diffusione universale del mio pensiero è il mio limite più evidente: io sono una figura pubblica in Italia, lo sono marginalmente in Europa e non lo sono affatto nel mondo. Riuscire a determinare un’immagine come quella di alcuni attori o musicisti, che non abbia confini nazionali, è certamente la conferma assoluta della comunicazione. So bene che è difficile anche per molti altri scrittori intercettare un favore e un riconoscimento non soltanto nazionale. Qualcuno come Umberto Eco ci riesce. D’altra parte non era neppure previsto che io realizzassi quello che ho raggiunto poiché le mie ambizioni, in realtà, non erano quantitative anche se poi lo sono diventate. A me era sufficiente essere riconosciuto in un àmbito elitario, ragion per cui la mia azione non era calcolata. La televisione ha invece ulteriormente allargato l’area di diffusione del mio pensiero. I limiti sono meramente quantitativi perché è chiaro che la qualità del mio pensiero è ormai definita. Ma una cosa è la definizione della qualità del pensiero, un’altra è la sua universalità, e altra cosa ancora è la moltiplicazione. L’universalità può anche averla uno che conosce una persona soltanto, la diffusione può essere limitata anche a poche persone, invece la quantità è cosa diversa. E probabilmente è più facile per un cantante.

Vuole paragonarsi a una rockstar?

D’altra parte Andy Warhol ha in realtà legittimato in chiave artistica anche una cantante come Madonna, nel senso che il problema è prima di tutto quello della comunicazione. Quello che comunichi è sempre opinabile.

Cosa apprezza di più in una persona: l’audacia, il potere, l’intelligenza o la creatività?

La velocità dell’intelligenza. Il resto dipende dalle occasioni in cui si manifesta quindi, volendo, anche l’audacia.

Qual è la sua più grande passione? L’arte, la politica, le donne, la letteratura…

Probabilmente la scoperta di cose sconosciute. Nell’arte è la scoperta di opere ignote ma ciò vale anche per le donne e per il resto. È l’idea che si possa trovare qualcosa che prima non si conosceva quindi la curiosità, la scoperta.

Ha mai sognato di essere un artista?

No, sono abbastanza artista in quello che faccio.

Non ha mai avuto paura di rimanere ingabbiato nel personaggio Sgarbi?

Mi è capitato ma non ne ho mai avuto paura.

È religioso? Crede in Dio?

Ritengo che religione e fede siano due cose ben distinte. L’idea della religione non corrisponde alla fede in Dio. La fede si ha o è una suggestione che si patisce, di sicuro non è una scelta.

Le succede mai di avere un desiderio forte, infantile, un impulso a fare qualcosa di irragionevole? E se sì, cosa fa in questi casi? Lo soddisfa o tira dritto?

Se ho un impulso cerco, nei limiti del possibile, di soddisfarlo. Non ho alcuna ragione, né morale né di altro tipo, per trattenerlo. Se ce l’ho lo seguo.

Cosa le piace e cosa detesta?

Non mi piace la diffusione della volgarità e dell’orrore sostenuto e rappresentato anche da molti che avrebbero la funzione e il compito di tutelare e vigilare perché ciò non avvenga. E invece ne sono i principali rappresentanti e testimoni. La diffusione del brutto, dell’incongruente, è ciò che mi sembra più riprovevole. Mi piacciono invece le cose che hanno la loro interna armonia, così come sono nate sono conservate, così come ha senso che siano mantenute. Il punto di snodo è l’alterazione della bellezza, della natura, dell’identità delle cose e dei luoghi. Questa mi pare la cosa più orripilante. Oltre, naturalmente, alla malattia, alla morte, alla povertà. Ma qui entriamo in temi di ordine sociale che presuppongono una risposta unanime. L’indicazione della reazione al brutto non è invece così immediata perché altrimenti il brutto non ci sarebbe. E molti, che non ne hanno consapevolezza, lo diffondono senza saperlo.

E in lei?

Non mi piace l’ossessione a ricostruire integralmente la memoria. Ogni tanto perdo un tempo infinito, perché sono troppi gli elementi che si sovrappongono, a cercare di ricostruire o di ritrovare un pensiero o un concetto perduti. È la cosa che maggiormente mi affatica e mi irrita. Ciò che mi piace in me? Mi piace piacere.

Ha amici veri? E per veri intendo gente che non le sta vicino per questioni più o meno nobili di opportunità, ma persone che condividono gusti e disgusti, su cui lei sa di poter contare in qualsiasi momento.

Sì, molti. L’opportunità è nel fatto di starmi vicino non per un interesse indiretto ma per un interesse diretto. E questa è un’opportunità importante. Così come è accaduto a me di stare vicino a persone che stimavo non per averne qualcosa ma perché ne avevo qualcosa soltanto nello star loro vicino. Così molti stanno vicino a me non per un interesse materiale ma per il piacere stesso di starmi vicino e di averne un vantaggio che è legato ad andare nei luoghi, a capire le cose. E questo non mi dispiace. Mi sembra giusto che uno abbia questo atteggiamento, anche un po’ parassita, perché ha interesse. L’interesse va inteso nei due sensi: fare una cosa per interesse e fare una cosa perché interessa. Posso contare su tutti quelli che stanno con me perché fanno qualcosa che va bene per loro, che a loro piace e che quindi fanno per loro stessi. Credo che sia un rapporto positivo.

La solitudine: le fa paura, ne ha confidenza, la corteggia?

Non mi fa paura. La solitudine non so cosa sia nel senso che quando sono solo è perché voglio esserlo. C’è la solitudine che si patisce e quella che si cerca, la prima è sconfortante l’altra è un rifugio. Dopo tanti incontri e tante persone viste è piacevole stare da soli. Il che è diverso dal trovarsi soli contro la propria volontà. Io conosco solo la solitudine desiderata non quella intesa come mancanza di compagnia.

Sgarbi e la politica

Cosa è per lei la politica? Un impegno civile, un palcoscenico, un modo per farsi beffe dell’austerità pomposa del Palazzo o che altro?

La politica è un tentativo di rendere pratiche le proprie idee, significa avere la possibilità di incidere e di trasformare, anche poche cose, in corrispondenza di un pensiero. Senza la politica i cambiamenti sono solo accidentali: hai un’idea utile per la società, gli altri la capiscono e cambiano il modo di vivere ma si tratta di un miracolo!

Cosa le fa più orrore del mondo politico attuale?

Mi fanno orrore quelli che hanno preso il posto di quelli di prima innalzando un moralismo che li ha fatti passare per migliori degli altri mentre invece non lo sono affatto. Mi fanno orrore i dilettanti, figure senza nessuna storia e sensibilità politica che hanno conquistato il consenso soltanto attraverso azioni poliziesche. La politica, da scienza o arte, è diventata espressione di dilettantismo, di routine senza idee e di elaborazioni di onestà come se fossero valori politici, mentre sono valori individuali. È una confusione difficilmente rimediabile.

Qual è il politico che più apprezza e quello che più disprezza?

Apprezzo Francesco Cossiga e disprezzo i mezzi preti come Scalfaro, Veltroni o Prodi.

Quali sono le battaglie per cui vale davvero la pena spendersi?

La battaglia per la difesa della civiltà, della bellezza, della dignità delle persone. Quelle che ho fatto, altrimenti non le avrei fatte.

Sgarbi e le donne

Nei confronti delle donne ha mostrato una sorta di estraniazione e insieme di accurato interesse. Cosa rappresentano nella sua vita?

Le donne rappresentano una forma di consolazione. Già il fatto di poter abbracciare un corpo è una consolazione, è trovare un approdo, un rifugio. La donna è anche un’esaltazione delle proprie capacità seduttive quindi rappresenta una serie di elementi che sono rassicuranti e consolanti insieme.

Esiste un "tipo" di donna che davvero la calamita? E se sì, qual è?

Ne esistono un certo numero: devono aver delle facce molto ammiccanti. È qualcosa che ha che fare con un’attrazione non razionale, istintiva… è difficile dire cosa sia.

Per lei la fedeltà è un’ipotesi, un’eresia o una sciocchezza?

La fedeltà è un dono. Uno non è fedele perché gli viene chiesto ma perché non ha voglia di essere infedele. La fedeltà non può essere pretesa e non si può chiedere. Cosa sia non lo so. È un valore nell’amicizia ma certo non lo è nei rapporti fra un uomo e una donna. L’essenziale è esser fedeli a se stessi. Se uno per essere fedele a una donna rinuncia a un desiderio, va a finire che è più fedele a un altro che a se stesso.

Ritiene vero l’assunto secondo il quale la maschilità, negli ultimi trent’anni, è stata massacrata dalle donne?

Può essere. Le donne hanno sempre di più cercato degli espedienti per contrastare la prepotenza maschile. Hanno avuto un potere nella famiglia, nella casa, un potere sommesso e sottomesso ma in realtà fortissimo e prevalente per cui molto spesso le donne hanno comandato più degli uomini, sia pure attraverso espedienti. Da un certo momento in avanti non c’è stato nemmeno più bisogno degli espedienti perché da quando la donna non ha dovuto più dipendere dall’uomo, non ne ha più preso il cognome, non ha più avuto bisogno di dipendere dal lavoro dell’uomo, e ha lavorato lei stessa, è arrivata fino al massimo dell’autonomia che corrisponde all’avere dei figli senza volere il padre. Quello è il momento di maggiore evoluzione: la donna usa l’uomo per il seme e vuole esser padre e madre di un figlio. Ha, quindi, conquistato un potere che non è più quello degli espedienti per ostacolare il potere dell’uomo, ma un potere parallelo e assoluto che ha portato molte a essere ragazze madri senza vergogna mentre la ragazza madre durante la mia infanzia era una figura negativa e emarginata.

E oggi?

Oggi la donna può decidere di essere orgogliosamente indipendente, con il proprio lavoro, esattamente come un uomo e con in più la maternità. Ecco che la donna ha totalmente guadagnato il potere che non aveva. Fino a quarant’anni fa non c’era l’aborto, il divorzio, la pillola, tutte cose che hanno autonomizzato la donna. Prima poteva avere un altissimo potere dentro la casa, nella famiglia, nell’educazione dei figli riuscendo a contrastare il marito o l’uomo in maniera abile, astuta perché la donna è più intelligente, più furba e più sveglia dell’uomo, è abituata a fare guerriglia e quindi a conquistarsi il potere contro la prepotenza dell’uomo. La donna che non ha potuto essere musicista, poetessa, filosofa ma ha dovuto soltanto fare la madre, ha maturato nel corso dei secoli una serie di anticorpi fino ad arrivare, negli ultimi venticinque anni, a una totale autonomia.

Sgarbi padre, Sgarbi figlio

Sua madre sembra essere una figura molto presente nella sua vita. L’abbiamo vista spesso accompagnarla nei viaggi o nelle cerimonie pubbliche. E suo padre? Che ne è di suo padre? Come vive il rapporto con lui?

Mio padre fa il padre. Lui si è occupato dell’organizzazione della famiglia mentre mia madre si è occupata di agevolare la vita dei suoi figli, che è l’abnegazione della madre. Le madri non vanno bene se fanno emergere la natura di donne mentre la donna va bene se fa emergere la natura di madre. La propria compagna, che diventa anche madre, allarga lo spettro delle sue potenzialità, ma se la donna prevale sulla madre porta a rapporti difficili con i figli. Mia madre si è occupata più di me e di mia sorella che di sé stessa, che è quello che deve fare una madre. Ha rinunciato a essere una donna per essere madre. Mio padre invece non aveva quest’obbligo della coscienza e quindi si è comportato come un padre, sufficientemente distaccato. E va benissimo anche lui.

Se non sbaglio lei ha un figlio. Cosa prova ad essere padre? Come immagina nel futuro il rapporto con questo ragazzo?

Sbaglia. Non ho un figlio, ne ho tre. Non ho alcun sentimento paterno tanto meno per il figlio che mi è stato imposto. Ritengo che la paternità vera sia quella della volontà e non quella naturale. Noi non possiamo imporvi di diventare madri, perché una donna può abortire, specialmente adesso che non c’è più un rapporto subalterno nella famiglia, con il padre che comanda e che guadagna, e le donne possono essere autonome con il proprio lavoro. La società è talmente cambiata che voi potete nominarci padri ma noi non possiamo nominarvi madri. Può capitare che un uomo desideri un figlio da una donna che non lo vuole e lei abortisca e può capitare che un uomo non desideri un figlio da una donna e quella non abortisca: Il vostro potere è molto più forte del nostro. Nel momento in cui la madre di mio figlio ha deciso di impormi di essere padre io ho meditato che non essendo padre della volontà non ero padre affatto. In un altro caso, invece, mi è capitato di diventare padre senza che la madre me lo imponesse e quindi di valutare con molta più tranquillità il rapporto con la bambina. Rapporto che deriva dal fatto che la madre non mi ha disturbato proiettando su di me le sue frustrazioni, l’esigenza di avere un marito e tutte queste balle. Il rapporto con i figli? Ami un figlio e un altro non lo ami, molto spesso per ragioni misteriose.

Sgarbi e la sessualità

Quanto conta l’attività erotica nella sua vita e soprattutto cosa rappresenta per lei? Uno svago, un’urgenza, un atto creativo, un bisogno fisiologico o altro ancora?

Niente. L’attività erotica è come la scrittura della poesia rispetto all’intuizione per Croce. L’intuizione è sufficiente, la poesia è poi l’espressione pratica dell’intuizione. Così l’attività sessuale è la conferma della buona riuscita della seduzione e la conseguenza pratica del desiderio. Ci sono necessità fisiologiche o desideri che devono esser consumati, ma la consumazione del desiderio è solo consumo del desiderio. L’attività sessuale non ha niente a che fare con la ginnastica, è il modo perché il desiderio si compia, è l’esplicitazione di un istinto, è la conferma dell’avvenuta seduzione. Tant’è vero che andare con una prostituta non è divertente perché è soltanto un atto pratico, manca l’elemento che dà senso all’atto sessuale: la seduzione. Chi va con le puttane si occupa di una parte meramente fisica e fisiologica del desiderio che è l’unica che a me non interessa. Non sei tu ad aver conquistato lei ma i tuoi soldi. È un meccanismo masturbatorio e abominevole, invece di masturbarti da solo ti fai masturbare da una che paghi. Non ha senso.

Che rapporto ha con l’omosessualità? La ignora, la infastidisce, la guarda con interesse o che altro?

Mi diverte. Patrocino soprattutto quella femminile, favorisco il lesbismo.

Anche lei, come moltissimi uomini, ha la fantasia di guardare due donne che fanno l’amore?

Non solo fantasie, io lo faccio spesso: ne ho messe insieme anche quattro. Credo che sia una delle fantasie più legittime, comuni e molto eccitanti. Non ho niente contro l’omosessualità ma quella maschile non mi eccita e non mi riguarda. Il travestitismo invece mi piace. I travestiti, quanto più sono effeminati come caricature delle donne, mi piacciono e ritengo che non sia una pulsione omosessuale che ci spinge verso di loro, ma il loro essere più donne delle donne. La mia non è un’attrazione omosessuale ma un’attrazione eterosessuale particolarmente intensificata. In un maschio che abbia deciso di rinunciare alla sua mascolinità e alla fine diventa una donna c’è una specie di ulteriore caratterizzazione del femminino. Per cui gli amori saffici mi piacciono, l’ipotesi di omosessualità che non sia di attrazione del maschio per il maschio non mi preoccupa anche se mi tocca, mentre invece non mi riguardano le attrazioni omosessuali in senso proprio, ossia il maschio che è attratto da un maschio. Ma in nessuna di queste ipotesi ho mai applicato delle forme di moralismo, ognuno fa quello che vuole.

Comments (1) to «Vittorio Sgarbi»

  1. stefanomassa says:

    molto interessante questo progetto-blog

    credo che dovremmo interagire

    per il momento accetta i miei complimenti.

    un saluto stef

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