Separiamo i Poteri dello Stato



Ancora non so chi abbia vinto le elezioni, ma in effetti ai fini del discorso che desidero fare è relativamente poco importante.

Quello su cui voglio attirare la vostra attenzione oggi è un’anomalia che esiste, a mio avviso, nel nostro ordinamento istituzionale e che in qualche modo è in contrasto con un principio fondamentale sancito dalla nostra Costituzione e generalmente valido in tutti i Paesi civili: la separazione dei poteri.

Come certamente saprete, tre sono i poteri dello Stato: quello legislativo, il cui organo per eccellenza è il Parlamento, quello esecutivo, rappresentato dal Governo, e quello giudiziario, rappresentato dalla Magistratura.

Naturalmente è normale che esistano alcune piccole sovrapposizioni fra questi poteri. Ad esempio un Governo può assumere il ruolo di legiferatore attraverso il meccanismo del Decreto Legge, meccanismo ideato per garantire a un Governo di poter intervenire là dove strettamente necessario e dove l’attuale sistema legislativo è carente, emanando un apposito decreto, salvo poi la convalida da parte del Parlamento. Da noi esiste inoltre la figura del Presidente della Repubblica che, non essendo la nostra una repubblica presidenziale, oltre al ruolo di rappresentanza, ha anche poteri specifici connessi a tutti e tre i poteri dello Stato. Ad esempio, per nominarne alcuni: è lui che nomina il Capo del Governo; è Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura; può rimandare una legge alla Camera se non ha copertura finanziaria o per altri motivi.

Fin qui nulla di nuovo. Il problema a mio avviso nasce dal fatto che in realtà nel nostro sistema i tre poteri sono tutt’altro che indipendenti. Ad esempio: tutti danno per scontato che chi vince le lezioni per il Parlamento, in particolare chi ha la maggioranza alla Camera, abbia anche il Governo. Perché? Non ha il minimo senso da un punto di vista istituzionale che chi ha la maggioranza nell’organo legislativo debba averla anche in quello esecutivo, e questo proprio perché i due poteri devono essere indipendenti. Il fatto che ci si sia assuefatti a questo concetto tanto da non metterlo neanche in discussione non vuol dire che sia valido.

Qualcuno ha detto che se una coalizione avesse la maggioranza nel Parlamento e l’altra andasse al Governo, il Paese sarebbe ingovernabile. In realtà questa affermazione nasce dal fatto che da noi i Governi tendono a fare un uso strumentale ed eccessivo dei decreti legge, ovvero si arrogano il diritto a legiferare al posto del Parlamento, e il Parlamento, attraverso un uso altrettanto strumentale del voto di fiducia e di altri meccanismi, pretende di entrare in merito delle scelte del Governo.

Questo è sbagliato: il Governo deve solo governare, ovvero amministrare la res publica, il Parlamento solo legiferare.

E se pensate che non sia possibile, allora vi ricordo che questo è esattamente quello che avviene in Paesi come la Francia o gli Stati Uniti d’America dove gli elettori, votando separatamente per il governo e per il parlamento, hanno più volte creato la condizione per la quale il primo andasse a una coalizione o a un partito, e il secondo a quella opposta.

Non solo questo non ha creato una condizione di ingovernabilità, ma ha rappresentato un’ulteriore garanzia di democrazia e libertà per i cittadini, evitando quell’asso piglia tutto che è una tentazione troppo forte anche in un Paese democratico per una singola coalizione o partito.

Ecco allora che il vero problema non è la singola coalizione, ma il fatto che chi vince piglia tutto, ovvero almeno due poteri su tre: troppi in un sistema democratico dove l’unica e vera garanzia di libertà è rappresentata dall’indipendenza dei poteri e dal controllo incrociato su di essi.

Come uscirne? Semplice: cambiando la legge elettorale, ma non tanto in termini di maggioritario o proporzionale, quanto separando le consultazioni. In pratica, i cittadini dovrebbero essere chiamati da una parte a votare per il Parlamento, possibilmente con una Camera che legifera e con un Senato che assume il ruolo di controllo formale e finanziario delle leggi approvate dai deputati. Questo eviterebbe che una legge rimbalzi troppo a lungo fra le due camere e toglierebbe al Presidente della Repubblica una funzione troppo delicata per attribuirla a una singola persona, per quanto competente. Dall’altra, i cittadini dovrebbero essere chiamati a eleggere il Presidente del Consiglio — attenzione: non il Presidente della Repubblica, elezione che avrebbe ben scarsa rilevanza sul piano istituzionale — e quindi di fatto il Governo.

Solo con una riforma seria, che riporti indipendenza là dove deve essere e ridefinisca i vari ruoli in modo più equilibrato, si potrà evitare che il nostro sistema si riduca ad una partitocrazia nella quale un clero laico si arroga il diritto di decidere chi debbano essere i nostri rappresentanti e le elezioni si trasformino solo in una scelta fra chiese e religioni politiche.

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