Undicesimo: mantenere gli sfaccendati



Riporto dal sito dell’«ANSA» la seguente notizia:

Obbligo alimenti a figlia 32enne

Da 8 anni è fuoricorso. Il genitore aveva interrotto l’assegno.

(ANSA) – BERGAMO, 16 GEN – Un artigiano trentino dovrà continuare a pagare gli alimenti alla figlia di 32 anni, da otto anni fuoricorso all’università. La sentenza è del tribunale di Bergamo al quale la donna, universitaria si era rivolta per far sì che il padre, continui a pagare l’assegno di mantenimento di 350 euro al mese. L’uomo si era separato quando la ragazza aveva vent’anni.


Secondo il giudice, dato che la sentenza precedente prevedeva che il padre continuasse a pagare l’assegno alla figlia «finché non fosse diventata autosufficiente» e dato che questa, all’ottavo anno fuoricorso, non era ancora riuscita a laurearsi in Filosofia, una materia chiaramente pensata per preparare le nuove generazioni al duro mondo del lavoro, ha deciso che il pover uomo, oltre a riprendere il pagamento dei 350 euro mensili, debba corrispondere anche gli arretrati per 12.000 euro!

Due considerazioni a riguardo, la prima in merito all’interpretazione della sentenza di separazione, la seconda in merito al magistrato.

Per quanto riguarda la sentenza, la chiave di tutto è nell’interpretazione del termine “autosufficiente”. Per il magistrato una persona non è autosufficiente se non ha in quel momento i mezzi per sostenersi, anche se di fatto è perfettamente in grado di farlo. Quindi, se una persona è disoccupata, non è autosufficiente. Da notare che in questa interpretazione non si fa minimamente cenno al fatto se la persona in questione abbia fatto alcunché per trovarlo, il lavoro in questione. Ci sono moltissimi studenti che si mantengono agli studi lavorando e soprattutto che cercano di imparare qualcosa che permetta loro di diventarlo, autosufficienti economicamente. Spesso lavorano come commessi o camerieri e non guadagnano certo migliaia di euro al mese. Non che abbia nulla contro la Filosofia, una materia che amo moltissimo, ma dopo otto anni fuori corso, forse il sospetto di non esserci proprio portata non lo poteva venire a quella donna? E comunque, trovarsi un lavoro, no? C’è una bella differenza infatti fra uno che non trova lavoro e uno che non lo cerca neppure!

Questo modo di pensare, purtroppo, è tipico di molti magistrati, primi fra tutti quelli che si occupano di cause di separazione. Sono molte le donne infatti che vivono sulle spalle dell’ex-marito, magari non avendo neppure figli, senza preoccuparsi minimamente di rendersi autonome economicamente, con buona pace del femminismo e del Sessantotto. Una sentenza di questo tipo, per essere equa, dovrebbe stabilire da una parte un temporaneo sostegno economico da parte dell’uomo (o della donna, se questa è la più ricca), dall’altro l’obbligo del coniuge mantenuto di cercarsi un lavoro. Così non è. Si chiama “cultura del mantenimento”.

Per quanto riguarda invece il magistrato, ricordo che il potere giudiziario è l’unico fra i tre dello Stato che non viene eletto dal popolo. Di conseguenza l’unico modo che ha un giudice di rappresentare davvero il popolo italiano sarebbe quello di interpretare le leggi sulla base di quello che è il senso comune della giustizia. E su come la pensi il popolo riguardo a questa come ad altre sentenze simili c’è poco da discutere: è una vergogna.

Un’ultima considerazione: nessuno ha detto chi è il magistrato che ha emesso questa vergognosa sentenza. Che almeno se ne assuma pubblicamente la responsabilità.

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