Antidoti e vaccini



Varsavia, 28 apr. (Apcom) – «Al momento non c’è nessuna segnalazione» di casi di febbre suina in Italia. E «bisogna fare ricerca, bisogna lavorare per trovare un antidoto che ad oggi non c’è». Lo ha detto il premier, Silvio Berlusconi, parlando dell’emergenza della febbre suina.

Dire che sono perplesso è dir poco. Un antidoto? Contro la febbre suina? Mi permetta, signor Presidente del Consiglio, ma un antidoto è una sostanza atta a contrastare un veleno, una tossina, non un virus. Contro i virus si usano i vaccini, non gli antidoti! Semmai un antidoto dovremmo trovarlo nei confronti di una certa ignoranza nell’uso della lingua italiana.

antidoto [an-tì-do-to] s. m. Sostanza che neutralizza l’azione di un veleno. Dal latino antido°tu(m), e questo dal greco "antídoton (phármakon)", ovvero "(farmaco) dato contro". {Garzanti 2009}

vaccino [vac-cì-no] s. m. (med.) preparato che si somministra a un organismo per stimolarlo a produrre anticorpi specifici, cioè ad acquisire un’immunità attiva; è costituito generalmente da materiale infettivo (microrganismi, virus, tossine ecc.) reso non patogeno mediante trattamenti o modalità di somministrazione particolari; secondo il tipo, può essere inoculato, applicato sulla cute scarificata o ingerito. Dal latino vacci¯nu(m), derivato di va°cca, ovvero "vacca", in quanto il primo vaccino, quello antivaioloso, era costituito da pus prelevato dalle pustole vaiolose di bovidi infettati appositamente. {Garzanti 2009}

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