L’intruso



L’intruso
di Marinella Saiu

Al Teatro Belli di Roma, all’interno del Festival «Il garofano verde», è andato in scena «L’intruso», dall’omonimo testo di Brett Shapiro, con la regia di Dimitri Frosali. «L’intruso» è una storia d’amore di fine millennio: due adulti, ciascuno con un bambino, si incontrano, si amano, si sposano e desiderano un figlio insieme. Tutto "normale", se non fosse che sono entrambi uomini e che uno dei due è sieropositivo. Il testo di Shapiro è il racconto della relazione fra lui e Giovanni Forti, giornalista dell’Espresso morto di Aids nel ’93, inframmezzato con lettere dello stesso Forti al suo compagno, alla sua famiglia di origine, ai suoi amici. L’argomento è attuale, ma spesso ignorato nell’illusione che tali temi riguardino solo gli altri. Niente di più sbagliato. E questa delicata quanto dolorosa storia d’amore è lì, presente, ingombrante, ironica, a ricordare che la vita non è uno spot del Mulino Bianco. Incontriamo il regista Dimitri Frosali che ha curato anche l’adattamento dello spettacolo.

Perché ha scelto «L’intruso»?

Anni fa ho elaborato un progetto di partecipazione alla presentazione di libri che trattavano tematiche sociali contemporanee e tra i tanti testi presi in considerazione rimasi colpito dal testo di Brett Shapiro. Da lì è nata la decisione di mettere in scena una performance per accompagnare la presentazione di quel libro. Mi interessava rappresentare il disagio dei nostri tempi: quale argomento migliore di quello? L’autore ne era entusiasta e gli dissi che mi sarebbe piaciuto farne uno spettacolo completo. Dopo anni ci siamo riusciti.

Come è riuscito a rappresentare un testo che è in realtà un diario della vita di Shapiro e Giovanni Forti?

Infatti non è semplice rendere teatrale un testo tratto da un diario di storia vera. Ne ho avuto paura perché la materia trattata non è invenzione e l’unica possibilità era mantenermi fedele alle parole scritte dall’autore. Non ho aggiunto nulla di mio. L’unica libertà che mi sono preso è la cronologia dell’esposizione.

Vuole raccontare lei la storia?

I due protagonisti sono delineati dalle fasi di una giornata qualunque, fatta di quotidianità familiari, di bambini da accudire, e accompagnata dall’avanzare implacabile della malattia, "l’intruso" appunto. Ogni quadro è scandito dall’elenco delle medicine necessarie in un determinato orario. In scena ci sono tre persone. Il personaggio di Giovanni è interpretato da due attori, uno dei quali è l’intruso, il Giovanni nella fase terminale. Spero di essere riuscito a trasmettere quello che più mi aveva colpito del libro: la storia d’amore tra i due che va oltre la tragedia e la morte, la grande vitalità senza ombre funebri.

Anche Brett Shapiro interviene nello spettacolo…

Sì. Nei primi cinque minuti Shapiro risponde a un’intervista in cui rappresenta se stesso oggi e lentamente ritorna ai ricordi della storia che prendono forma tramite gli attori. Torna anche nella fase finale.

Quanto, secondo lei, il teatro è impegnato in tematiche sociali?

Pochissimo. Il teatro tende sempre più allo svago e io credo che, invece, dovrebbe dare direttive.

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