Cuniberti: l’ideatore della corazzata monocalibra



Cuniberti: l’ideatore della corazzata monocalibra
di Nicola Zotti

Articolo originale da Warfare.it — per gentile concessione dell’autore.

Può un articolo, seppure scritto su una rivista militare, essere una delle cause decisive della Prima Guerra Mondiale? Tanto più se scritto da un italiano in Inghilterra oltre 10 anni prima lo scoppio del conflitto?

Per quanto strana la cosa possa sembrare, le idee del Generale del Genio Navale Vittorio Cuniberti crearono tanto la premessa strategica indispensabile, quanto la principale causa scatenante della Prima Guerra Mondiale.

Nato nel 1854 a Torino, Cuniberti nel suo campo era un vero e proprio fuoriclasse. Laureatosi in ingegneria a vent’anni, entrò nel Genio Navale dove rimase fino alla morte avvenuta a Roma nel 1913, distinguendosi ben presto per la vasta e approfondita cultura professionale e per l’originalità dei progetti che la Marina italiana, per limitatezza di mezzi, non sempre poteva realizzare, ma in un impeto di generosità gli consentì comunque di divulgare.

All’inizio del Novecento, uscirono così su varie testate specialistiche internazionali una serie di articoli nei quali Cuniberti presentava una nave da guerra concettualmente così rivoluzionaria che avrebbe reso dall’oggi al domani antiquati i più moderni mezzi delle Marine militari del mondo: la corazzata monocalibra.

La corazzata monocalibra concentrava in sé il meglio della tecnologia disponibile all’epoca: ad esempio era mossa da turbine a vapore alimentate a nafta e aveva una corazzatura di circa 30cm che non ne penalizzava la velocità e l’autonomia: la prima poteva arrivare a 23 nodi e la seconda raggiungere le 15.000 miglia.

Ancor più importante era l’idea dell’armamento monocalibra. Cuniberti distrusse la consolidata abitudine di moltiplicare i calibri dei cannoni, dimostrando con le proprie argomentazioni l’opportunità contraria di ridurli al minimo indispensabile: il numero massimo possibile di cannoni di un identico grosso calibro e giusto il necessario di quelli da usare contro il naviglio minore.

Un articolo, in particolare, servì a diffondere le idee di Cuniberti: nell’edizione del 1903 il Jane’s All The World’s Fighting Ships pubblicò «An Ideal Battleship for the British Fleet», con il quale, in appena tre pagine, Cuniberti espresse così efficacemente le sue idee da convincere tutte le Marine del mondo ad adottarle.

In segreto, molte Marine militari stavano studiando una nave da guerra simile a quella di Cuniberti, ma le sue parole servirono a coagulare le proposte, a convincere i perplessi e ad accelerare il passaggio alla costruzione vera e propria.

L’ammiraglio britannico John Fisher fu il più veloce a cogliere il senso dei progetti di Cuniberti. Forse aveva già ideato una nave identica, tanto che reclamò per sé il primato dell’idea e mai riconobbe all’italiano alcun merito. Appena un anno dopo essere diventato il capo supremo della flotta britannica, Fisher varò nel 1906 la Dreadnought.

Questa nave cambiò sostanzialmente i rapporti di forza tra la Gran Bretagna e le potenze continentali, in particolare la Germania. I britannici avevano un sostanzioso vantaggio sui tedeschi, ma l’introduzione della Dreadnought anziché aumentarlo, lo diminuiva: ciò che contava, ora, era il numero di navi di questa nuova classe in servizio, e non tutte quelle che l’avevano preceduta. La corsa per la Germania ripartiva dunque da una situazione meno sfavorevole che in passato, perché la sua industria poteva produrre Dreadnought quasi alla stessa velocità di quella inglese: risposero nel 1906 con la classe Nassau e nel 1909 con la classe Helgoland, le quali, benché un po’ più deboli rispetto alle controparti inglesi, riducevano il divario di forze navali da 1:8, a 10:12.

Iniziò una corsa agli armamenti paragonabile solo a quella della bomba atomica e che ebbe pesantissime coseguenze sulle economie nazionali, fagocitando risorse ad un ritmo impressionante.

Anche gli effetti politici non si fecero attendere. La Francia era rimasta indietro nei programmi navali, preferendo completare inutili vascelli di classe pre-Dreadnought già iniziati: si svilupparono così le condizioni per stabilire tra Gran Bretagna e Francia relazioni più amichevoli in funzione anti-tedesca. La Germania d’altra parte comprese di non essere irrimediabilmente inferiore alla potenza navale britannica e, acquisita la sicurezza di poter difendere le proprie coste, si fece più aggressiva e disponibile al conflitto. L’inesorabile meccanismo che avrebbe portato alla Prima guerra mondiale era partito.

Tuttavia Cuniberti era solo un eccezionale ingegnere e non uno stratega: la sua invenzione aveva precipitato il conflitto mondiale, ma non ne aveva previste le modalità.

Dopo pochi anni, infatti, le Dreadnought erano già superate dalle super-Dreadnought, ancora più potenti, corazzate e veloci, ma la logica militare volle che durante la guerra sia le une che le altre rimanessero praticamente inutilizzate nei porti a causa delle condizioni operative che resero impossibile l’impiego di queste gigantesse l’una contro l’altra: il progresso nei sottomarini e nella tecnologia dei siluri le aveva rese troppo vulnerabili.

La guerra dimostrò ancora una volta di avere una razionalità che spesso ai responsabili politico-militari sfugge e che non dipende dalle tecnologie che si possiede ma da come le si impiega.

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