Il cinema che non c’è



Ieri sera ho visto uno splendido film su SKY Cinema 1. Il titolo era «The Snow Walker» e, a quanto mi risulta, non è mai stato proiettato nelle sale cinematografiche italiane o trasmesso dalle maggiori emittenti nazionali, RAI inclusa. È la storia di un pilota canadese individualista e cinico che, nel 1953, precipita con il suo aereo, a causa di un’avaria, nella tundra artica. Con lui si trova Kanaalaq, una giovane Inuit ammalata di tubercolosi, che aveva accettato di trasportare presso il più vicino ospedale in cambio di un paio di zanne di tricheco. Non vi dirò di più, perché è un film che vale la pena di vedere. Posso solo aggiungere che ha una fotografia stupenda ed è il genere di pellicola da vedere da soli o con qualcuno a cui si vuole bene, in un momento di calma, senza interruzioni o distrazioni, magari in seconda serata.

Il film è tratto da un racconto di uno dei più conosciuti scrittori canadesi, Farley McGill Mowat. Diretto dal regista americano Charles Martin Smith, è interpretato da Barry Pepper, James Cromwell e da una splendida e toccante Annabella Piugattuk, che nel film parla per la maggior parte del tempo in lingua inuit.

Non ho scritto tuttavia questo articolo solo per segnalarvi una bella pellicola, ma per prendere spunto dal film di ieri per fare due considerazioni.

Ormai non si contano più i multisala che spuntano come funghi non solo nelle grandi città ma anche in provincia: dieci, quindici, venti e più sale, in un’apparente gara a chi sia capace di portare sul mercato un’offerta quanto più ampia e variegata possibile. Se tuttavia andiamo ad analizzare volta per volta quante pellicole differenti in effetti sono distribuite ogni giorno, ci rendiamo conto facilmente come questa offerta sia spesso molto più limitata di quanto sembri. In genere non più di una quindicina di film, e questo a fronte di un potenziale molto più ampio. Ad esempio, «The Snow Walker» ha ricevuto ben 9 nomination per il Genie Award, ovvero l’Oscar canadese. Di film belli in giro ce ne sono molti, ma vengono per lo più ignorati dalla distribuzione italiana a favore di pellicole non sempre all’altezza delle aspettative.

Non è una questione di cinema impegnato, anzi, io sono uno dei primi ad affermare che al cinema bisogna innanzitutto divertirsi, per cui sono contrario a considerare a priori una pellicola impegnata sul piano sociale o politico necessariamente migliore di un cartone animato o di una commedia divertente. Non è solo questione di contenuti, ma di realizzazione, ovvero di costruzione, interpretazione, fotografia, musica e tutto ciò che contribuisce a fare di una pellicola una buona pellicola.

Il punto è che non si capisce perché ottimi film vengano regolarmente ignorati, soprattutto se non sono americani o europei. Eppure il cinema emergente è quello australiano, neozelandese, canadese e perché no, indiano. Credo faccia bene SKY a proporci questo genere di film, anche se purtroppo così restano comunque pochi quelli che hanno occasione di poterli apprezzare.

E veniamo alla seconda considerazione. La nostra emittente pubblica sbandiera fin troppo spesso la sua centralità in termini di servizio, ma di fatto, quando si tratta di definire il palinsesto, si allinea il più delle volte alle stesse logiche delle emittenti private a carattere commerciale. Anzi, in questo SKY dimostra di sapersi distinguere proponendo di volta in volta un’offerta assolutamente varia e in grado di soddisfare tutti i gusti. Certo, è a pagamento, ma forse che il canone alla RAI noi non lo paghiamo? Ed essendo ormai una tassa sugli apparecchi televisivi, non possiamo neppure evitarlo. Quella di chiamare questo balzello canone è un’altra delle tante ipocrisie che caratterizzano il nostro Paese.

Che altro dire? Forse l’ultima considerazione da fare è più che altro un interrogativo: ma quanti altri bei film come «The Snow Walker» mi sono perso perché ormai a decidere cosa dobbiamo vedere sono quelle quattro o cinque case distributrici che vanno per la maggiore e un gruppetto di persone che decide a livello di emittenti nazionali cosa trasmettere e cosa no?

Commenti (1) a «Il cinema che non c’è»

  1. mc2033 ha detto:

    Mi avevi incuriosito, quando hai scritto di questo film.

    L’ho trovato in noleggio e visto. Abbastanza bello, rientra a pieno diritto nel tema della redenzione*.

    Se ti è davvero piaciuto questo, cerca un film intitolato “Le ali della libertà”, con Tim Robbins e Morgan Freeman. E’ forse il miglior film su questo tema.



    *io sono appassionato di cinema, da anni per me la televisione è solo il monitor per i lettori dvd, e di film ne ho visti circa un migliaio. Alcuni si fa fatica a schematizzarli, ma quando ne hai visti tanti si finisce per riconoscere e catalogare un limitato numero di “temi” e a valutare quanto bene (soggettivamente, ovvio) questi temi siano sviluppati.

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