OGM per l’Africa



Mentre in Italia il dibattito sugli OGM continua a infuriare, in altri Paesi si continuano a fare sostanziali passi avanti nello sviluppo di alimenti basati su questa tecnologia. L’ultimo esempio arriva dall’Africa…

Cos’è la manioca

La manioca è un tubero commestibile originario del Sudamerica e dell’Africa Subsahariana, coltivato nella maggior parte delle regioni tropicali e subtropicali, soprattutto in Africa, India, Brasile e Medio Oriente. Viene chiamata anche mandioca, yucca, cassava, attéké, aipim, macaxeira, boba, mihogo, kappa o tubero bianco.

Per quanto da noi sia poco conosciuta — in Europa viene utilizzata quasi esclusivamente come alimento per gli animali — è la quarta coltura nei Paesi in via di sviluppo e la terza più importante fonte di carboidrati nei Paesi tropicali assieme all’igname, una specie di patata dolce, e all’albero del pane, dopo il riso e il mais. In pratica è l’alimento base per circa un miliardo di persone in ben 105 Paesi.

Dalla manioca si ricava una farina detta tapioca. È un alimento fondamentale nella dieta africana, ma purtroppo è alquanto povero di nutrienti, con l’esclusione appunto dell’amido, del calcio, del fosforo e della vitamina C. In pratica riempe la pancia ma nutre poco e, per giunta, non sa sostanzialmente di nulla.

Ce ne sono due varietà: dolce e amara. Quest’ultima, così come le foglie di entrambe le varietà, contiene un’elevata quantità di cianoglicosidi, ovvero di tossine mortali, che vanno rimosse con diverse tecniche prima di poter consumare il prodotto.

La manioca dolce (non tossica) può essere mangiata anche cruda, ma in genere la preparazione ricorda molto quella delle nostre patate. Può quindi essere mangiata sotto forma di purè oppure a pezzi, cotta al vapore, arrosto oppure fritta. Con la tapioca si può fare un budino, una specie di pane, crackers, biscotti oppure può essere usata per impanare carne e pesce.

Fra i parassiti che colpiscono le coltivazioni ci sono la cocciniglia, che tuttavia rappresenta sempre meno un pericolo, e il virus del mosaico, che invece sta diventando sempre più un problema a livello mondiale.

Manioca e genetica

Da quanto riportato sopra risulta evidente come i problemi fondamentali della manioca siano essenzialmente tre: il basso valore nutrizionale, la potenziale tossicità, e la scarsa resistenza al virus del mosaico. Proprio su questi tre aspetti si stanno quindi concentrando i ricercatori che stanno studiando come modificare geneticamente questa pianta per renderla più nutriente, meno tossica e più resistente alle malattie.

Un’iniziativa molto promettente è quella denominata Biocassava Plus, un progetto sviluppato da un gruppo di ricercatori americani, africani (Nigeria, Kenya e Tanzania) e di altri Paesi come la Colombia, la Cina, il Regno Unito e la Svizzera. Il gruppo è guidato da Richard Sayre e ha già prodotto piante in grado di produrre una quantità di beta carotene trenta volte superiore a quello della pianta originale, con una percentuale di ferro del novecento per cento e di zinco del quattrocento per cento, oltre che più proteine, una maggiore resistenza ai virus ed estremamente povera di cianuri.

Adesso si passerà alla fase di sperimentazione sul campo cercando di ottenere una singola varietà con tutte queste caratteristiche. La presenza di scienziati africani e sudamericani è inoltre una garanzia che le conoscenze e competenze relative al progetto vengano trasmesse ai Paesi che più necessitano di queste varietà, che saranno rese accessibili a prezzi competitivi con la manioca originale anche nei Paesi più poveri, in modo da permettere a tutti di poterla coltivare.

Si tratta di un progetto che dimostra come genetica, sostenibilità ed etica possano coesistere quando c’è la reale volontà di aiutare chi ne ha bisogno al di fuori di logiche politiche e demagogiche che troppo spesso, specialmente in Europa e in Italia, hanno ostacolato finora questo genere di ricerche.

Da tutto ciò, noi abbiamo solo da imparare.

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