La questione F-35: elementi di riflessione



La questione F-35: elementi di riflessione
di Gherardo Albano

In questi giorni si sta discutendo parecchio, anche in modo acceso, sulla questione se l’Italia debba acquistare o meno 90 cacciabombardieri Lockheed Martin F-35 Lightning II. Obiettivo di questo articolo è quello di analizzare il quadro d’insieme all’interno del quale va presa una decisione di questo tipo. In particolare sono due le analisi da affrontare, una prettamente militare e una di carattere economico. Analizziamole separatamente.

Aspetto militare


Lockheed Martin F-35 Lightning II

Da un punto di vista strategico, al momento, non è prevedibile una crisi che possa sfociare in una guerra di tipo convenzionale. Naturalmente questo non vuol dire che si possa smantellare l’intero apparato militare. Questo continua ad essere necessario a ogni nazione, nel quadro geopolitico attuale, inclusi Paesi pacifici come la Svizzera e la Svezia, e non può certo essere smantellato per poi essere ripristinato in tempi brevi in caso di emergenza.

Per quanto ci riguarda, l’Aeronautica Militare italiana ha oggi una linea di volo suddivisa fra difesa aerea, costituita da circa 72 Eurofighter Typhoon, e attacco, forte di 36 AMX International AMX e 48 Panavia PA-200 Tornado. A questi si aggiungono ovviamente tutti i mezzi ausiliari che fanno da corollario alle unità operative: trasporto tattico, rifornitori, aero-soccorso, trasporto VIP, addestramento, e via dicendo.

La Marina Militare italiana ha a sua volta un nucleo di volo basato sulle portaelicotteri-portaerei, dotato di circa 15 McDonnell Douglas AV-8B Harrier II Plus caratterizzati dalla capacità di decollo corto — quello verticale è militarmente marginale — e atterraggio corto o verticale. Questa capacità è un elemento essenziale di protezione della flotta, costoso ma che la differenzia da tutte le marine mondiali, a parte poche eccezioni.

La linea di volo attacco/difesa è ormai un pallido ricordo di quella che fu negli anni ottanta, quando si era in piena guerra fredda — oltre 200 velivoli per la difesa aerea e 350 per l’attacco — avendo già avuto gli organici ridotti grazie alla diminuzione della minaccia esterna. Quanto rimane può essere considerato un nucleo di risorse, umane, materiali e metodologiche, atto a mantenere la specializzazione, le conoscenze, le metodologie e un minimo di capacità militare in caso si renda necessario un intervento.

È chiaro quindi che tagliarlo o ridurlo ulteriormente vorrebbe dire che se fra 5 o 10 anni si dovesse presentare una seria minaccia, l’Italia dovrebbe riformare quasi da zero le proprie forze aeree sperando d’avere il tempo per farlo. Un’operazione del genere potrebbe infatti richiedere altrettanto, ovvero dai 5 ai 10 anni. Servono infatti circa 5 anni per trasformare le reclute in piloti in grado di combattere, seppure con scarsa esperienza, e altrettanto per ordinare, ricevere e mettere in linea i nuovi velivoli dei quali bisogna saper fare anche la manutenzione, ovvero bisogna istruire anche i meccanici e i tecnici specializzati. Nel caso della Marina i tempi sarebbero ancora più lunghi se venissero a mancare le portaerei.


McDonnell Douglas AV-8B Harrier II Plus

Quanto sopra mi porta a dire che mantenere una capacità nel settore della difesa rimpiazzando i velivoli giunti a fine vita operativa con altri più moderni e in grado di competere con un’eventuale forza ostile è un’esigenza imprescindibile. L’alternativa sarebbe decidere volontariamente di assumersi un rischio molto alto per il nostro Paese vista l’attuale instabilità geo-politica mondiale.

Gli aerei da attacco in oggetto dovranno comunque essere sostituiti nell’arco dei prossimi 6-12 anni per motivi di obsolescenza e di vita utile. Un aereo infatti, come un’automobile, più invecchia e più costa di manutenzione fino a che la situazione diventa insostenibile.

La situazione attuale è la seguente:

  • gli AMX sono tecnologicamente obsoleti e dovrebbero esseri i primi ad essere rimpiazzati;
  • i Tornado sono in via di aggiornamento e in tale standard possono durare ancora un lustro e o anche di più;
  • gli AV-8B della Marina hanno 20 anni di vita operativa e non hanno necessità a breve di essere sostituiti se non nel medio periodo, salvo problemi inaspettati di manutenzione.

Vediamo ora quali potrebbero essere le alternative avendo già ristretto le ipotesi a quelle più plausibili:

  1. sostituire gli aerei d’attacco con gli F-35 nelle varianti A e B, tenendo conto che la B è l’unico rimpiazzo possibile per l’AV-8B della Marina Militare in quanto al mondo non esistono altri aerei a decollo verticale;
  2. sostituire gli AV-8B con F-35B e tutti gli altri con ulteriori Typhoon Tranche 3 che hanno capacità di attacco avanzate.

Se ne deduce che la Marina Militare deve assolutamente acquisire gli F-35B mentre l’Aeronautica Militare ha in effetti due possibili scelte. Vediamo allora le caratteristiche dei due possibili candidati.

Il programma di sviluppo dell’F-35 non sta procedendo bene. Diciamo che ci sono stati errori di base quali l’iniziare a produrre l’aereo quando lo sviluppo era ancora in corso e il voler sviluppare tre versioni — A standard, B a decollo verticale, C per portaerei con catapulta — da un solo disegno base arrivando a condizionare tutte le versioni con i requisiti di quella più difficile a decollo verticale.

Questo ha portato a una crescita significativa dei costi e al forzoso rilassamento delle specifiche tecniche da soddisfare, senza il quale il progetto sarebbe risultato irrealizzabile. In ogni caso stiamo parlando di un aereo estremamente avanzato non solo per l’utilizzo della nuova tecnologia stealth — sostanzialmente vuole dire che i radar hanno difficoltà a rilevarlo — ma anche per le nuove tecnologie produttive e l’integrazione di moltissima elettronica che, banalizzando, consente di avere una migliore consapevolezza della situazione attorno all’aereo detta sensor fusion.


Panavia PA-200 Tornado

Il programma al momento vede la prosecuzione dei test mentre la produzione di velivoli non è ancora allo standard minimo per il combattimento, ovvero “combat ready”. Insomma il velivolo alla data attuale non è soddisfacente, ma col tempo sarà di sicura eccellenza nel ruolo di attacco. Resterà invece, a mio giudizio, insufficiente nel ruolo di difesa aerea dato che non ha un radar sufficientemente potente. Inoltre ad oggi può portare solo due missili antiaerei quando si trova in modalità stealth e questo limita fortemente le capacità di affrontare formazioni nemiche numerose. Per confronto un Typhoon ne porta almeno sei. Resta da verificare il livello di costo per l’acquisto e la manutenzione, di cui parleremo più avanti.

E veniamo all’alternativa: il Typhoon è un progetto europeo ormai maturo che prevede già un ulteriore sviluppo per la cosiddetta Tranche 3 (T3) che l’Italia dovrebbe acquisire, fondi permettendo, per completare la linea di difesa aerea. La T3 sviluppa l’aereo integrando un nuovo radar di tipo AESA e nuovi tipi di armamento sia aria-aria che aria-suolo, accrescendone significativamente il valore militare e configurandolo come vero aereo multiruolo, ovvero sia d’attacco che da difesa, avendo i suoi limiti nella configurazione non stealth ma con capacità cinematiche — velocità, accelerazione, virata — e di autodifesa superiori a quelle dell’F-35.

Un confronto tra F-35 e Typhoon T3 deve essere impostato su un arco temporale di vita utile di circa 30 anni il che mi fa esprimere le seguenti considerazioni:

  1. l’F-35 è un prodotto in generale più moderno tecnologicamente, nella produzione e nell’integrazione dei sensori, e questo si riflette in una serie di benefici, compreso quello di avere ancora nei prossimi 10-15 anni un potenziale di sviluppo tale da adeguarlo a eventuali nuove minacce;
  2. la tecnologia stealth dell’F-35 è il principale mezzo di protezione dalle intercettazioni, ma vi sono molti studi per ridurre l’efficacia di tale tecnologia; di contro tale tecnologia ha costi di manutenzione e di ripristino non marginali;
  3. l’Italia ha globalmente pochi velivoli e la capacità multiruolo — difesa-attacco — sebbene non sia un requisito principale è sicuramente un valore; in questo aspetto il Typhoon è ottimo per la difesa aerea mentre per l’F-35 è molto marginale;
  4. nell’attacco l’F-35 è insostituibile in caso di confronto con avversari tecnologicamente avanzati nei primi giorni di guerra in cui le difese aeree siano al massimo grazie alle caratteristiche stealth; passato tale periodo i due velivoli sostanzialmente si equivalgono.

Unificare la linea di volo sul Typhoon avrebbe dei grandi benefici economici per addestramento, linea di volo, ricambi e via dicendo; la stessa cosa non la si può dire, a mio avviso, per l’F-35 dato che non è un caccia intercettore.

Per il futuro si stanno sviluppando aerei da combattimento senza pilota da combattimento (UCAV) stealth quali l’X-47B. Questi sono disegnati, similmente all’F-35, per effettuare attacchi in ambienti estremamente pericolosi. Pertanto si deve anche considerare che la specificità dell’F-35 potrebbe in futuro essere meglio svolta da UCAV di produzione europea.

Riguardo la scelta dell’Aeronautica Militare di richiedere 60 F-35A e 15 F-35B, quindi, ritengo che la soluzione migliore sarebbe di acquistare 75 F-35A perché la versione B costa il 30% in più di quella A e perché la motivazione operativa di utilizzo è piuttosto debole. Infatti gli F-35B dell’Aeronautica Militare sono stati richiesti per poterli usare a supporto di situazioni all’estero in cui non siano disponibili aeroporti con piste adeguate. Se la necessità è questa, allora è più efficace usare quelli della Marina, incrementandone eventualmente il contingente a 20. Se poi si vorrà risparmiare, in caso di acquisto di F-35, si potrà unificare la gestione, oggi separata, delle linee di volo delle due forze armate incluso l’addestramento in ottica interforze.

Aspetti economico e industriale


Eurofighter Typhoon

Ai fini di una decisione sostenibile, l’aspetto economico e quello industriale vanno attentamente considerati.

Il Typhoon è un aereo in cui l’industria nazionale ha una quota originaria — progettazione e produzione — del 21%, ma che in caso di acquisti ulteriori potrebbe essere superiore. Inoltre con il consorzio produttore del Typhoon, in caso di acquisti ulteriori, ovvero oltre gli impegni sottoscritti con il consorzio, si potrebbe contrattare un pacchetto di compensazioni economiche anche oltre il 100%, esattamente come fanno i grandi acquirenti esteri (India, Brasile, Corea,…). Oltre a ciò il prolungamento della produzione del Typhoon potrebbe portare a ulteriori vendite all’estero, con ulteriori benefici finanziari per il sistema Italia.

Di contro la quota di progetto italiana sull’F-35 è del 4% sul finanziamento dello sviluppo e non è valutabile ad oggi per la parte relativa alla produzione, dato che le gare di fornitura sono tuttora in corso. L’Italia ha investito negli anni circa 1 miliardo di dollari americani nello sviluppo dell’F-35 e altrettanto ha fatto Finmeccanica per la “FACO” di Cameri, una linea sia di assemblaggio che di manutenzione “pesante”. Bisogna considerare che per quanto la percentuale sia inferiore, è su un numero di aerei molto più grande e un ipotetico 4% di 2.000 aerei è confrontabile con un 100% di 75 velivoli.

Tecnologicamente le aziende nazionali ovviamente conoscono perfettamente le tecnologie di produzione del Typhoon mentre quelle del F-35 sono innovative. L’originaria partecipazione allo sviluppo dell’F-35 era proprio finalizzata all’acquisizione di nuove tecnologie, ma gli USA hanno fortemente limitato questi trasferimenti e chiuso il sistema a integrazioni e aggiornamenti non propri, tanto che gli F-35 devono essere considerati degli “aerei a sovranità limitata”.

Per questo motivo sia il Regno Unito che Israele hanno fortemente avversato la politica americana a riguardo, ma per ora solamente Israele è riuscito ad avere accesso limitato ai sistemi elettronici per poter fare parziali integrazioni nazionali. Per capirci, se domani l’Aeronautica Militare richiedesse l’integrazione di un armamento o di un serbatoio esterno, dovrebbe chiedere agli USA di effettuarla, pagando e attendendo i loro cicli di sviluppo nei quali, prevedibilmente, non saremmo prioritari.

Sui costi di acquisizione per l’F-35 esiste un’estesa bibliografia, peraltro fatta di cifre contrastanti e difficilmente confrontabili; una vera giungla, per cui non è facile capire quanto siano affidabili i dati forniti o se siano stati manipolati, anche perché estraendo i dati dal loro contesto è possibile manipolarli con una certa facilità.

A questo si aggiunga che essendo l’F-35 in fase di sviluppo e non ancora a regime per quanto riguarda la produzione, ha dei numeri che variano di anno in anno anche in base al numero di esemplari prodotti. Indicativamente siamo, per il modello A, ben sopra i 100 milioni di dollari. I costi di volo per ora sono poi un argomento per cartomanti, con numeri che variano facilmente del 100% a seconda di chi li dà e che stanno spaventando l’USAF.

Il Typhoon di contro è ben conosciuto come costi di acquisizione e di volo, basta chiedere i numeri all’Aeronautica Militare, magari con la richiesta di fornire tutti i dettagli necessari ad evitare equivoci.

Conclusioni


AMX International AMX

A mio avviso, l’acquisto degli F-35 è una strada obbligata solamente per i 15-20 esemplari della Marina Militare, da realizzare in un arco temporale tra i 7 e 10 anni a partire da oggi, consentendo così anche la maturazione del velivolo e la riduzione dei costi di acquisto. Ad oggi un velivolo pienamente operativo è previsto per il 2019, se non vi sono problemi gravi sullo sviluppo del software, una componente fondamentale al giorno d’oggi per un aereo da combattimento.

L’Aeronautica, di contro, ha una opzione tecnologica che rende possibili, anche se con differenze operative, l’acquisto dell’uno o dell’altro velivolo.

È mia opinione che sia utile, sia economicamente che industrialmente, che l’Italia, dato che non esistono ordini firmati se non per 3 velivoli, riveda approfonditamente la scelta effettuata, richiedendo due offerte complete, con costi garantiti e compensazioni economiche, per le due alternative Typhoon T3 e F-35A.

In termini di tempo, l’acquisto dei 90 velivoli, può essere scaglionato su un periodo abbastanza lungo e senza impegni economici immediati. In caso di conferma dell’F-35, sarebbe auspicabile che gli acquisti venissero ritardati fino al 2018-2020, iniziando a rimpiazzare prima gli AMX.

Ciò ben si sposerebbe con la crisi attuale che non consente divagazioni non essenziali. La difesa non può essere trascurata, quindi, ma possiamo certamente attendere alcuni anni prima di spendere.

Gherardo Albano © 2013 – Tutti i diritti riservati

Commenti (3) a «La questione F-35: elementi di riflessione»

  1. Gherardo ha detto:

    Sono appena uscite le prime stime di costo degli ultimi lotti di produzione LRIP 6 e 7 dell’F-35 per i prossimi due anni in cui ci sono anche 3+3 F-35A italiani.
    Ho convertito tutti i numeri in dollari.
    Alcuni dati medi sul puro costo di acquisto senza R&D:
    F-35A: 115M$
    F-35B: 150M$

    Il rateo di decrescita annuale tra LRIP 5-6 e 7 è del 4%. Ciò indica che non dobbiamo attenderci chissà quali crolli dei costi nel futuro tanto che anche il Gen.Bogdan che governa il progetto per l’amministrazione USA stima una stabilizzazione dei costi a tendere circa 10M$ sotto i valori attuali.

    Sono andato a cercare un numero di costo di acquisto dei Typhoon e le stime sono intorno ai 60M$ (vendita all’Austria e stime UK).

    L’F-35 vale circa il doppio del Typhoon?
    E i costi dell’ora di volo?

    Insomma, anche fosse l’aereo migliore al mondo, e non lo è, non possiamo permettercelo. Convertiamo gli F-35A acquistati in F-35B (UK lo fece) per la Marina, compriamone 15 e poi 75 Typhoon T3 per l’AM.

  2. lorenzo ha detto:

    e che l’italia ripudia la guerra me lo son sognato o sta scritto da qualche parte?

    • Dario de Judicibus ha detto:

      Art. 11
      «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.»

      Il ripudio della guerra non è assoluto ma condizionato e come tale richiede quindi l’avere a disposizione forze armate addestrate ed armamenti in primis a scopo difensivo, in secundis, per intervenire sotto l’egida dell’ONU e di istituti similari. Finché nel mondo ci saranno Paesi che la guerra non solo non la ripudiano ma la promuovono, non è il caso di trovarsi impreparati in caso di necessità. Poi possiamo fare anche gli idealisti ma lo facciamo finché non succede qualcosa di davvero grave che ci tocca nel personale, ovvero quando ad essere in pericolo sono le persone che amiamo.

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