To change, or not to change?



Barack Obama è Presidente. Come molti europei e soprattutto italiani ho tifato per lui. Al contrario di molti europei e molti italiani tuttavia, non mi aspetto che il famoso slogan «Change» si applichi tanto presto anche alle relazioni fra Stati Uniti e il resto del mondo. Prima infatti di essere di colore, di origine kenyota, democratico, e quant’altro si possa dire del nuovo presidente, Barack Obama è innanzitutto un americano, anzi, uno statunitense, e come tutti gli statunitensi metterà sempre e comunque la bandiera stelle e strisce davanti e sopra a tutto.

E questo non vale solo nei confronti degli altri Paesi, ma anche per quello che riguarda le questioni interne degli Stati Uniti, delle quali alcuni aspetti sono stati spesso criticati soprattutto da noi europei. Ad esempio, Barack Obama è favorevole alla pena di morte e non si sogna neppure di limitare il diritto di ogni americano a possedere un’arma. In politica estera, per Obama sono gli USA che devono guidare il mondo, esattamente come hanno sempre pensato tutti i suoi predecessori, anche se c’è da sperare in una maggiore attenzione alle posizioni e alle richieste degli alleati. Tutto ciò Obama l’ha detto più volte, molto chiaramente.

Non solo: Obama ha già affermato che gli USA non accetteranno mai il veto dell’ONU, ad esempio, né intende aprire agli alleati la «questione Iraq». Sull’Iraq decideranno gli Stati Uniti, loro e soltanto loro. Punto. In quanto all’Afghanistan, il nuovo presidente si aspetta più impegno da parte degli alleati della Nato e regole d’ingaggio «più flessibili». Sull’Iran, infine, la sua posizione è la stessa del suo predecessore: se quel Paese continuerà a opporsi alle richieste americane di rinunciare al nucleare, gli USA si riterranno liberi d’intervenire anche al di fuori dell’ONU. Anche queste cose sono state già dette, e in America le promesse elettorali contano molto, specialmente se si vuole arrivare a un secondo mandato.

Non è cambiato nulla, allora? Sicuramente sì, qualcosa è cambiato, e forse, se il resto del mondo saprà sfruttare questa opportunità, potrà cambiare ulteriormente. Ma chi si aspetta un ribaltone, una rivisitazione completa della strategia geopolitica degli Stati Uniti, ho paura rimarrà presto deluso. Comunque i prossimi mesi ci diranno se ho ragione o meno. È solo questione di tempo.

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Commenti (7) a «To change, or not to change?»

  1. SirJack64 ha detto:

    Dunque…

    1) Barack Obama è favorevole alla pena di morte: tocca vedere se almeno tenterà di limitarne l’applicazione;

    2) non si sogna neppure di limitare il diritto di ogni americano a possedere un’arma: chissà magari invece lo sogna e sta valutando come realizzarlo senza urtare la suscettibilità delle lobby;

    3) sull’Iraq decideranno gli Stati Uniti, loro e soltanto loro: e meno male, dato che la responsabilità della guerra in Iraq è loro e soltanto loro (coinvolgere l’ONU è ed è stata una vera ipocrisia dopo che l’attacco è stato fatto fregandosene altamente dell’ONU);

    4) se l’Iran continuerà a opporsi alle richieste americane di rinunciare al nucleare, gli USA si riterranno liberi d’intervenire anche al di fuori dell’ONU: innanzi tutto l’effettiva prosecuzione del programma nucleare iraniano a fini bellici credo che verrà verificata molto più approfonditamente di quanto non è stata verificata la presenza delle (poi rivelatisi inesistenti) armi di distruzione di massa irachene, e poi se proprio si arriverà all’intervento militare mi aspetto che avverrà dopo aver tentato tutte (ma proprio tutte) le alternative diplomatiche con il coinvolgimento del resto del mondo.

    Per concludere, un buon tentativo di riformare la sanità pubblica verso il diritto alla salute per tutti e un maggior controllo su Guantanamo e le torture già sarebbero un buon esempio di “change”.

    Infine una domanda: sei tu che sei pessimista o io che sono ottimista? 😉

    Complimenti per gli ottimi articoli e buon lavoro.

    Dario Spadaccini.

  2. utente anonimo ha detto:

    Sto leggendo le varie reazioni in alcuni blog (di gente normale, nessuno di altolocato).

    Non mi spiego come mai molta gente che prima aveva in odio gli americani ora li considera un popolo intelligente, consapevole e capace di scegliere!

    La gente è sempre quella, è cambiato solo il presidente, eh!

  3. utente anonimo ha detto:

    Sono ottimista riguardo la svolta degli statunitensi con l’elezione di Obama alla presidenza. Sicuramente e’ un importantissimo segnale di cambiamento, per un paese impegnato su vari fronti di guerra e con serissimi problemi sociali ed economici. Valutando il passato politico di questo paese, ci sono stati altri segnali di cambiamento in passato anche se la continuita’ fra democratici e repubblicani e’ spesso fin troppo evidente. il “yes we can” ora dovra’ essere riportato al quotidiano: dalla passione che ha mosso gli statunitensi a credere in un nuovo corso della propria storia, ora vedremo gli effetti innanzitutto nelle modalita’ con cui la nuova presidenza affrontera’ la crisi economica e dara’ risposte ai milioni di cittadini che hanno perso la casa e il lavoro. Un altro piano di cambiamento sara’ sul clima e sulle relazioni internazionali: gli Usa firmeranno Kyoto ? si impegneranno a uscire dagli scenari di guerra (spostando l’assurda ed astronomica cifra destinata alle spese militari verso il sistema sanitario, educativo e pensionistico ?), si impegneranno a far partire una nuova fase storica di multeralismo e partnership con l’EU ?

    Tutti noi ci crediamo e siamo convinti che un cambiamento sia realmente possibile, anche quando si spengono le luci della campagna elettorale. Gli statunitensi ci credono. E tutto il mondo ci crede. Forza Obama.

    Davide Barillari

  4. Dario de Judicibus ha detto:

    Dario, non sono né pessimista né ottimista. Sono sicuro che Obama rappresenterà un grande cambiamento per gli USA. Se poi questo si rifletterà sul resto del mondo, è da vedere. La storia ci insegna che gli USA hanno sempre fatto prima di tutto i loro interessi, il che è anche comprensibile, ma purtroppo, essendo superpotenza, questa per noi non è sempre una buona notizia 🙂

  5. utente anonimo ha detto:

    Anche io ho tifato per lui, ma adesso mi interessa anche il fatto che ha avuto tanti soldi per vincere l`elezione. Gli sono rimasti ancora molti, non ha per niente speso tutto che aveva a disposizione. Più di ognuno degli altri prima! Questa è la cosa più importante per il futuro: chi sta dietro di lui?

  6. utente anonimo ha detto:

    Beh, molti dei soldi che ha fatto li ha raccolti con decine di migliaia di piccoli contributi da parte di singoli cittadini piuttosto che grossi contributi di pochi ricchi. Si potrebbe dire che dietro di lui c’è il popolo. In USA, comunque, la raccolta dei contributi elettorali deve essere estremamente trasparente, anche perché non esistono meccanismi come il nostro finanziamento ai partiti.

  7. luciamerli ha detto:

    gia’ alla fine ci accorgeremo di essere caduti dalla padella alla bracia.. e’ stato un voto di disperazione dopo 8 anni di governo paranoico. cambiera’ qualcosa’ sperare e’ lecito ma senza illusioni! staremo a vedere.. tantopiu’ che non siamo noi a decidere..

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