Open Letter about Amnesty and Pardon



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Presidente Napolitano,

ometto il caro perché non mi sento così vicino a Lei e ometto anche l’egregio e lo spettabile perché ho sempre maggiore difficoltà ad associare questi termini a personaggi politici di rilievo qualunque sia il ruolo o la posizione che occupano nell’arco costituzionale.

L’ho vista particolarmente toccata in occasione della Sua recente visita nel carcere napoletano di Poggioreale. Posso capirlo: le carceri italiane sono una vera vergogna. In effetti non è l’unica, perché basterebbe farsi una passeggiata per una qualsiasi città italiana per vederne di vergogne, ma a quanto pare non Le deve capitare spesso, perché se per capire si deve vedere, allora mi sembra che la nostra classe politica veda davvero poco dato che sembra capire ancora di meno.

In effetti la situazione attuale delle carceri italiane è tutt’altro che attuale. Sono decenni che le nostre carceri, così come i nostri ospedali, le nostre scuole, persino molti uffici della pubblica amministrazione fanno piangere solo a guardarli. Ma posso capire che nelle carceri sia anche peggio, visto che a parte ospedali, case di cura e ospizi, da tutti gli altri edifici si può uscire.

Restano tuttavia sconcertanti due aspetti della questione: il primo è che questa situazione non sia certo una novità in Italia, dato che si ripresenta con puntuale regolarità ogni tre o quattro anni; la seconda è che chiunque conosca bene la situazione sa perfettamente che si tratta di un sintomo più che di un problema e che per risolverlo davvero si dovrebbe andare alla radice dello stesso.

Eppure, altrettanto regolarmente si ripropone la stessa non-soluzione, ovvero: «Si sono riempite troppo? Ebbene, svuotiamole!» Il fatto che nel giro di pochi anni tutto torni come prima sembra essere del tutto secondario, così come non viene rilevato il fatto che spesso a ritornare in detenzione siano buona parte di coloro che erano stati rilasciati, dato che nessuno si prende cura di un loro reinserimento nella società, dopo averli “liberati”.

Potrei essere malizioso e far notare che in occasione di questi provvedimenti, tutt’altro che epocali ormai, i nostri amati politici riescano sempre a far rientrare qualche reato di loro particolare interesse se non di interesse di “amici” e “sostenitori”, ma se così facessi rischierei di imbastire una polemica che finirebbe per distrarre l’attenzione dal nocciolo della questione, ovvero: perché, dopo l’applicazione di questa non-soluzione, giustificata dall’urgenza di un’emergenza che si scopre tale con impeccabile puntualità, non si affronta il problema in modo strutturale?

Sappiamo tutti benissimo cosa si dovrebbe fare: rafforzare le iniziative di prevenzione dei crimini, soprattutto di quelli comuni; rendere più efficiente la macchina della Giustizia, visto che buona parte dei carcerati sono in effetti detenuti in attesa di giudizio; costruire nuove carceri più sicure, moderne, umane, e soprattutto capienti.

Certo, sono tutte iniziative che richiedono tempo, ma è evidente che se non si fanno mai partire non si risolverà mai davvero questo spinoso problema, continuando così ad affrontare un’emergenza così prevedibile che l’applicazione di questi effimeri espedienti si potrebbe quasi mettere a calendario quale festa nazionale: Sant’Indulto e Beata Amnistia.

Che poi, tra indulti, amnistie e — altro appuntamento periodico e amato dalla nostra classe politica — condoni, si finisca per mandare il messaggio che violare la legge conviene, perché alla fine basta avere pazienza e tutto si sistema in un modo o nell’altro con grande vantaggio di chi la legge l’ha violata con proprio beneficio a discapito di chi invece continua testardamente — e aggiungerei ingenuamente — a voler essere onesto, poco importa. In fondo siamo il più corrotto dei Paesi occidentali, al livello di molti Paesi del Terzo Mondo, quindi perché stupirsi?

Eppure una preoccupazione ce l’avrei, se permette, sennò potrebbe sembrare che io, da semplice cittadino, osi addirittura occuparmi di politica, ormai vostra esclusiva, visto che decidete governi e parlamenti quasi senza più neppure consultarci o quanto meno permetterci di suggerire chi effettivamente, nominalmente, dovrebbe poggiare il suo grazioso di dietro sulle vellutate poltrone istituzionali.

L’ultima volta che si è adottata questa soluzione — l’ultima di una lunga serie — molti cittadini sono stati vittime di atti violenti da parte di detenuti da poco rilasciati. Non che tutti coloro che hanno goduto dell’indulto o dell’amnistia abbiano commesso reati, ovviamente, ma c’è stato comunque un picco di crimini. Ora se io o qualcuno che amassi dovessimo essere vittime di un crimine da parte di qualcuno che è stato recentemente rilasciato grazie all’ennesimo indulto o amnistia, come dovrei considerare Lei e tutti coloro che questo provvedimento hanno sostenuto? Mandanti?

In fede,

   Dario de Judicibus

Comments (2) to «Open Letter about Amnesty and Pardon»

  1. Valerio Graziani says:

    Concordo, tolta la letterina al Presidente è però utile fare un ragionamento sul perché di questa situazione. Un conteggio ufficiale nel 2010 del Dap parla di 70.000 detenuti con un costo medio nel 2012 di 123€ a detenuto. Rispetto ai 45.000 posti disponibili, i detenuti sono 25.000 in più. Perchè la popolazione carceraria è così alta? Perché ci sono così tanti stranieri?

    A) Il 43 per cento dei detenuti è in attesa di giudizio.

    B) Scorporando i dati relativi agli stranieri, si ottiene che essi rappresentano ben il 30% del totale e sono in aumento, questo perché gli stranieri non riescono ad usufruire delle misure alternative alla detenzione, non possedendo quei punti di riferimento che sono richiesti per usufruire di tali benefici.

    C) Se cerchiamo di capire quali reati sono quelli che più spesso portano in carcere scopriamo che al primo posto ci sono i reati contro il patrimonio (prevalenza di italiani) e al secondo figurano le violazioni della legge sulla droga (prevalenza di stranieri che costituiscono il 40% circa).

    A: ———> Una giustizia ottimizzata e più veloce svuoterebbe istantaneamente le carceri da una grossa percentuale di persone
    B: ————> L’avvio di sperimentazioni alternative al carcere (comunità autogestite, etc..) aperte agli stranieri ridurrebbe in maniera importante il numero di persone in cella, organizzando le comunità in autonomia (aziende agricole o artigianali, etc) si eliminerebbero anche dei costi e si potrebbe insegnare alle persone un mestiere
    C: ————–> E’ ora di riconoscere che le norme restrittive sulle droghe stanno creando un problema, va pianificata la ristrutturazione della normativa sull’utilizzo e lo spaccio di droghe in modo da ridurre anche quì il numero di carcerati

    • Condivido in linea di massima quello che hai detto, Valerio, e in effetti dimostra appunto che sarebbero ben altre le iniziative da intraprendere, non certo uno svuotamento periodico che nel caso specifico sembra giungere a proposito anche per un certo neo-condannato… non vorrei essere malizioso, ma se è una coincidenza direi che è persino inopportuna…

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